È stato un altro giorno di incontri significativi e di scoperta della bellezza del luogo. Il sole, che è tornato timido ma luminoso, ci ha permesso di iniziare la giornata andando a contemplare la costa dell’Atlantico: da qui sono giunti i primi coloni gallesi nel 1856 e la statua di un indio che contempla il mare ricorda la loro venuta.

È un paesaggio bello e selvaggio quello della costa, ma come si volge lo sguardo compaiono le installazioni del porto, la grande fabbrica di alluminio con tutti i dubbi sulla sua pericolosità per la salute degli abitanti e la zona delle crociere e dei grandi alberghi.

Puerto Madryn infatti è anche un centro turistico per le grandi crociere che vengono a vedere le balene, i leoni marini, i pinguini… ma purtroppo attorno ai grandi hotel gira la prostituzione delle ragazze locali, spesso poco più che bambine. Sembra che il mondo dei grandi capitali oggi, anche quando si ammanta di valori belli come l’ambientalismo e la scoperta delle bellezze naturali, non riesca mai a liberarsi dei suoi vizi nascosti, ma non per questo meno sporchi.

Con don Juan Nota

Una boccata di aria buona l’abbiamo vissuta andando a Rawson, una cittadina più piccola ma centro amministrativo, perché più antica. Qui abbiamo incontrato un parroco di quasi 80 anni don Juan Nota, che da oltre 50 vive e opera in diocesi ed è ancora l’animatore della pastorale diocesana. Parlare con questo prete di origine piemontese, anziano ma dai pensieri giovanissimi, è stato particolarmente stimolante. Ci ha presentato la sua opera: una intera serie di catechismi per i piccoli, i ragazzi e le famiglie, frutto di tanti anni di esperienza sul campo, che uniscono sapientemente fede, preghiera, parola di Dio, ma soprattutto lo sguardo di chi ha i piedi ben piantati per terra in un mondo in cui le famiglie sono fragili e i valori tradizionali non passano più da una generazione all’altra.

È strano ma bello venire quasi alla fine del mondo e trovare risposte semplici e concrete a quei problemi di ogni giorno con cui ci confrontiamo a casa nostra. Come al solito l’ospitalità è stata grande, sintesi del meglio della tradizione italiana ed argentina.

Rawson è costruita presso il fiume Chubut, che nella lingua degli indios significa “tortuoso” ed è l’unica fonte di acqua dolce di tutta la zona, che per tanta parte è perciò arida, quasi desertica.

Incontro di preghiera del gruppo “Una ciotola di luce”

Tornati a Puerto un altro incontro con un gruppo di signore che fanno parte di una associazione particolare: “Una ciotola di luce”. Si tratta della assistenza volontaria: umana, medica, psicologica e anche religiosa, per chi la desidera, ai malati terminali che gli ospedali di qui rimandano a casa perché vivano in famiglia gli ultimi

Incontro con “Una ciotola di luce”

tempi. È un impegno molto bello, semplice ma ben organizzato, che opera sul modello dell’Hospice che abbiamo nei nostri ospedali maggiori.

Colpisce la dedizione di queste donne di buona volontà e competenza, che in 8, con totale volontariato, stanno assistendo circa 40 malati terminali. Ci hanno detto che ciò che fanno spesso è poca cosa, ma non lasciare solo chi soffre e anche i suoi familiari, a noi sembra già molto.

Anche qui siamo stati più alunni che maestri, spesso il segreto non sta nella grandezza dei mezzi di cui si dispone, ma nel cuore con cui si fanno le cose.

Le puntate precedenti del Diario: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8

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