di Ugo Bellesi

Come è noto la Pasqua è preceduta dalla Quaresima e la nostra popolazione rispettava rigorosamente il ritmo delle astinenze e dei digiuni. È così che si arrivava alla Pasqua con un irrefrenabile desiderio di cibo. Ma bisognava anche andare alla Messa (quella cantata delle 11.30) e fare la Comunione (era obbligo essere a digiuno).

Si tornava a casa con una fame “nera” per cui le vergare avevano preparato una “colazione” pantagruelica. Si iniziava ad assaggiare la coratella di agnello cotta con le cipolle, abbinata a fette di pizza al formaggio. Si proseguiva con le uova sode, e poteva bastare un uovo a testa ma se poi qualcuno invitava alla gara della “scoccetta” allora se ne potevano mangiare molte di più. Si continuava con la frittata d’uova alla mentuccia, seguita da testine di agnello al forno con le patate. Il tutto abbinato con i vini del territorio e non mancava mai il vino cotto da abbinare alla Pizza dolce di Pasqua.

A quel punto, essendo ormai arrivati alle 15 o alle 16, qualcuno decideva di andare a fare un riposino e così il gruppo dei commensali si scioglieva. L’unica a non andare a riposare era la vergara, perché poco più tardi i commensali sarebbero tornati a tavola per quella che oggi chiameremmo “merenda/cena”. Si partiva dai salumi perché bisognava smaltire gli insaccati più “vecchi” e si cominciava ad assaggiare quelli nuovi: ciauscolo, salame lardellato, salametto di fegato, lonzino ecc. Si proseguiva con la coratella di agnello (questa volta cotta in frittata con le uova). Il primo era costituito da minestra in brodo di gallina con fette di pane indorate nell’uovo battuto e parmigiano. Si concludeva con un coscio di agnello arrostito al forno con patate. Al posto del pane, la classica pizza di formaggio.

A questo punto arrivava una interminabile raffica di dolci. Infatti la nostra tradizione ha riservato per il periodo pasquale un gran numero di preparazioni dolciarie, come non avviene neppure a Natale. Ne ricordiamo le più significative. La “Pizza dolce di Pasqua” aveva questi ingredienti: uova, lievito di birra, la massa di pane, olio, canditi, uva passita, la buccia grattugiata di limone, latte, mistrà, un bicchiere d’acqua e per guarnizione albume e zucchero a velo. Per confezionare due “Ciambelle” occorrevano: 2 uova, 2 cucchiai d’olio, 2 cucchiai di zucchero, 2 cucchiai di mistrà, la buccia grattugiata di un limone, farina e, per guarnire la superficie, albume d’uovo e zuccherini colorati.

I “Calcioni di formaggio” sono a forma di ravioli; la superficie superiore è tagliata a croce per far uscire (al calore del forno) il ripieno composto da un impasto di uova, farina, pecorino grattugiato e olio. Anche i “Picù” erano a forma di ravioli ma con pasta sfoglia dolce mentre il ripieno era a base di rossi d’uovo, ricotta, zucchero, vino cotto, cannella e buccia grattugiata di limone. I “Caciù” si confezionavano ricavando dalla sfoglia di pasta all’uovo dei tondini di 10 cm che poi erano farciti con una purea di fave lessate (con una foglia di alloro) e passate al setaccio. Di origine conventuale è la ricetta dell’”Agnello di Pasqua”. Si tratta di un dolce a forma di agnellino coricato, composto da pan di Spagna spruzzato di liquore e ripieno di crema, cioccolato e mandorle; il tutto coperto da uno strato bianco costituito da ricci di zucchero filato.

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