Ricevendo il premio “CarloMagno” nel 2016 papa Francesco aveva sottolineato il suo sogno europeo: “Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto.

Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni”.

Partendo da questa sollecitazione, in preparazione della festa dell’Europa in programma a Macerata, l’Azione Cattolica Italiana, in collaborazione con Acli, Agesci, l’associazione culturale Agorà e FormA.C, con il patrocinio del comune di Macerata, organizza un incontro in vista delle prossime elezioni europee con il giornalista Gianni Borsa, che per professione segue ogni giorno la vita delle istituzioni comunitarie a Strasburgo e Bruxelles per l’Agenzia Sir, sabato 27 aprile alle ore 17 presso la sala Castiglioni della biblioteca comunale Mozzi Borgetti, che presenta il suo libro, Europa. Parole per capire, ascoltare e capirsi.

Nel libro il giornalista riprende il sogno del papa: “Occorre cercare un nuovo sogno e dar vita, gli europei tutti insieme, a un nuovo inizio. C’è, al fondo, la costruzione di un ‘noi’ che metta all’angolo l’individualismo e gli egoismi imperanti, il grande male che distrugge qualunque comunità umana: dalla famiglia alla città, fino alla nazione e all’ordine internazionale. Chi si chiude in sé, nella sua casa, resta solo, triste e sterile; e, solo, finisce di vivere”.

Nella sua analisi l’autore non trascura le difficoltà in cui si dibatte il vecchio continente: una crisi, in realtà, che si alimenta non tanto a Bruxelles, quanto nei singoli Stati aderenti all’Unione, ciascuno dei quali è attraversato da pulsioni spesso in contrasto tra loro. Ma, benché malata, la casa comune va consolidata e rifondata, guardando ai vantaggi che essa porta ai suoi membri.

Alla prospettiva di più Europa, Borsa preferisce però quella di una Europa più: “Un’Europa che si faccia voler bene, in cui diventa evidente che condividere moltiplica, che la solidarietà è un’arma vincente se e quando assegna a ciascuno ciò di cui ha realmente (non egoisticamente) bisogno e quando ognuno fa la sua parte. Vale per l’Europa come vale in famiglia, nella propria città o nazione. Ogni popolo, del resto, ha i suoi simboli nazionali.

La lingua è uno di questi, ma nell’Europa delle diversità non una sola lingua può rappresentare l’unità degli europei, semmai può valere come simbolo il rispetto e la valorizzazione del multilinguismo: l’Europa è bella, verrebbe da dire, proprio per le sue infinite e complementari differenze (linguistiche, culturali, artistiche, paesaggistiche, enogastronomiche…). Peraltro l’Ue ha dei simboli unificanti, definiti dai trattati, benché non sufficientemente conosciuti dai cittadini: la bandiera blu con le dodici stelle, il motto (unità nella diversità), l’inno (Inno alla gioia di Beethoven), la festa (9 maggio)”.

Ed in questa costruzione della casa comune europea anche la Chiesa ha dato il proprio appoggio: “La Chiesa, infatti, sin dai primi passi della Ceca e della Cee ha accompagnato e incoraggiato il cammino verso l’unità europea, inteso come percorso politico volto alla pace, alla tutela dei diritti delle persone, alla costruzione del benessere materiale: tutti elementi basilari affinché ogni donna e ogni uomo possa vivere in pienezza la propria umanità e la propria dignità trascendente, in un contesto di libertà religiosa”.

Il saggio è chiuso dal sogno del card. Martini, ripreso anche da papa Francesco nei discorsi alle istituzioni europee: “L’Europa da sognare… è un’Europa dei popoli, dei cittadini, degli uomini e le donne. Un’Europa dello spirito, edificata su solidi principi morali e, per questo, in grado di offrire a tutti e a ciascuno spazi autentici di libertà, di solidarietà, di giustizia, di pace”.

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