Arrivati in Irlanda all’aeroporto di Dublino siamo stati accolti dal nostro don Giuseppe Pollio, rettore del seminario Redemptoris Mater della diocesi di Armagh.

Abbiamo iniziato a percorrere l’autostrada che porta a Dundalk. Il paesaggio della campagna irlandese ricorda tantissimo le nostre zone collinari, tanto che se non ci fossero le scritte in inglese e la guida dell’auto dalla parte “sbagliata” della strada, potremmo pensare di essere ancora dalle parti di Cingoli. Ma siamo in un ambiente davvero diverso e non semplicemente perché le macchine hanno il volante sulla destra o perché, trovandoci molto più a Nord, in estate alle 22:30 è ancora giorno.

Quartiere tipico di città irlandese

Don Giuseppe insieme con i catechisti neocatecumenali dell’Irlanda – una coppia di veneziani presenti qui da oltre 40 anni – comincia a raccontarci la storia di questa terra dove fede cattolica e identità nazionale sono sempre state profondamente legate. Non si può capire l’Irlanda di ieri e di oggi se non si comprende che qui nessuna delle rarissime giornate di sole dura più di qualche ora.

Il cielo d’Irlanda è sempre grigio e spesso piovoso e questo trasmette al suo popolo un temperamento paziente e riflessivo. Ma alimenta anche un’inclinazione alla tristezza, che se da una parte è contrastata positivamente con la musica, dall’altra in troppi purtroppo affrontano con l’alcol.

Questo Paese ha vissuto l’occupazione inglese di tutto il suo territorio, la cui popolazione era costituita nella quasi totalità da cattolici, dalla metà del 1500 fino al 6 dicembre 1922, cioè ancora meno di 100 anni fa.

La ritirata degli inglesi non abbandono però 6 province del Nord, dove era più forte la presenza protestante (l’Irlanda del Nord con capoluogo Belfast, ndr)

L’Irlanda è stato il Paese più povero di tutta l’Europa occidentale: a metà del XIX secolo una grande carestia protrattasi per 4 anni ridusse la popolazione da 8 milioni a soli 6 milioni di abitanti. Molti morirono di fame; gli altri cercarono di salvarsi con una emigrazione di massa soprattutto verso gli Stati Uniti.

In queste grandi prove L’Irlanda ha trovato forza nella fede; speranza di futuro e vita di fede hanno camminato sempre insieme. La grande povertà e la conseguente emigrazione hanno visto la popolazione diminuire fino al 1960; le cose hanno cominciato a cambiare in meglio solo negli anni 80, con l’ingresso dell’Irlanda, diventata faticosamente sempre più indipendente dal Regno Unito, nella Comunità economica europea.

È solo però nel 1998 che un accordo di pace ha posto fine alla lotta armata tra gli indipendentisti irlandesi del Nord – l’Ira, Irish Republican Army –  e l’Inghilterra, accettando che L’Irlanda del Nord restasse inglese. Questa pace si è consolidata grazie all’appartenenza alla Ue sia dell’Irlanda che dell’Inghilterra che ha di fatto cancellato il confine interno tra i due Stati, che qui è stato sempre sentito come un grande sopruso all’identità dell’isola che si sente unità.

Oggi qui la prospettiva della Brexit, che per noi significa solo preoccupazione economica è percepita da tanti come un grande rischio per la pace, perché rischia di ricreare un confine a dividere una terra e un popolo che tanti vorrebbero definitivamente unito.

L’ingresso in Europa, un grande liberalismo economico e tasse statali molto basse hanno prodotto una grande crescita economica. Negli ultimi due decenni gli irlandesi hanno vissuto nel miraggio che tutti potevano facilmente diventare ricchi, per questo la crisi economica del 2008 si è abbattuta sulla vita delle persone come una mannaia.

Il Seminario Redemptoris Mater

Fede e denaro facile non vanno d’accordo – ci ricorda Don Giuseppe – e qui lo hanno sperimentato con un crollo verticale della vita di fede della popolazione, con una scomparsa quasi improvvisa delle vocazioni. L’Irlanda che riempiva il mondo dimissionari e la sua terra di preti vive oggi un inverno vocazionale durissimo. In tutto il Paese – quasi 5 milioni di abitanti – ci sono soltanto 60 seminaristi e di questi ben 19 sono garantiti da questo seminario Redemptoris Mater.

A peggiorare il tutto c’è stata una serie di scandali sessuali tra il clero che la stampa anticlericale ha sottolineato con la forza di un tremendo amplificatore. Don Giuseppe e i catechisti, che vivono una buona relazione di collaborazione e d’aiuto alle varie diocesi locali, riassumono la situazione della fede qui in modo lapidario: oggi in Irlanda è urgentissimo rievangelizzare la nuova generazione, ma è davvero tanto difficile.

Verrebbe da dire che anche da noi non è poi così semplice, ma credo che sia importante continuare cercare di comprendere questo popolo, che comunque conserva la fede accesa sotto la cenere.

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