di M. Chiara Biagioni

La conferma arriva il 6 giugno scorso dal direttore “ad interim” della Sala stampa della Santa Sede Alessandro Gisotti dopo che la notizia era già ampiamente circolata. Giovedì 4 luglio Papa Francesco riceverà in udienza in Vaticano il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. “E’ una buona notizia”, commenta da Mosca l’arcivescovo mons. Paolo Pezzi. Che aggiunge: “Teniamo anche presente che Putin è uno dei presidenti che più si incontra con il Papa. E’ la terza volta in appena 5 anni”. La prima udienza infatti risale al 25 novembre 2013. Poi Putin fu ricevuto di nuovo a Roma il 10 giugno due anni dopo e il colloquio durò circa 50 minuti.

Perché, secondo lei, tutto questo interesse del Presidente russo ad incontrare il Papa?

Difficile dirlo. Penso che ci siano soprattutto gli interessi del Papa a far sì che ci sia un coinvolgimento quanto più allargato per aiutare la presenza dei cristiani, sostenere un processo di pace, favorire la salvaguardia della casa comune, la nostra terra.

Lei sta parlando nello specifico dei cristiani in Medio Oriente?

Non solo. Però direi che la presenza dei cristiani in Medio Oriente sarà probabilmente uno dei temi che possono essere interessanti per il Papa nel dialogo con il presidente Putin.

Perché adesso questo incontro?

Non ho nessuna notizia in merito e non saprei dire se è solo un problema di agenda o se è connesso con altri incontri in Italia o in Europa o per altre ragioni. Questo non saprei dirlo.

L’udienza è in calendario alla vigilia dell’incontro di Francesco con i membri del Sinodo permanente e i metropoliti della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, in programma il 5 e 6 luglio in Vaticano. C’è una coincidenza di date?

Personalmente credo che la vicinanza tra le date sia casuale. Almeno io non ho ragioni di pensare che ci sia un legame mentre invece penso che

certamente la questione Ucraina sarà uno dei temi del dialogo

ma non penso tanto in funzione ecclesiastica, di Chiesa. Innanzitutto perché il Papa ha detto chiaramente che non intende interferire nelle questioni interne alle Chiese ortodosse, e ha chiesto anche a noi di non farlo. E in secondo luogo perché non penso che una questione ecclesiale possa essere oggetto di dialogo con un presidente. Penso invece che nell’ambito del sostenere e promuovere la pace, certamente, oltre che alla Terra Santa, in senso allargato, comprendendo Siria e Iraq, ci siano anche altre situazioni di interesse come per esempio la Libia, il Venezuela e altri luoghi in Africa e in Asia e certamente, tra questi, va inserita anche l’Ucraina. Il Papa stesso recentemente ha parlato di un conflitto che non trova pace e che è dimenticato.

In questi casi, in queste ferite, il Papa cosa chiede agli uomini politici, ai Presidenti?

Anche qui è difficile rispondere o fare delle illazioni. Io penso – almeno per quello che vedo – che il Papa è sempre molto diretto nel chiedere le cose, senza mai chiudere. Lo abbiamo visto nel caso molto particolare e specifico del Sudan e del Sud Sudan anche con gesti, non solo con parole, molti forti ma certamente diretti.

Quindi penso che su questi temi, che stanno a cuore al Papa, il Santo Padre possa essere diretto con il Presidente, come lo è stato con altri.

E’ la terza volta che Putin va da Papa Francesco. Non sarà che sul tavolo dei colloqui ci sia anche un invito a visitare la Russia?

Penso che non sia escluso a priori. Ma non ho – diciamo così – il sentore che in questo momento possa essere nell’agenda del Papa un viaggio in Russia. Però non mi sento di escluderlo. I rapporti oggi sono tali che non vedo particolari ostacoli. Mentre invece non vedo una ragione precisa per farlo a breve anche perché per affrontare determinati temi, non è necessaria una visita a Mosca. Anche in merito alla Chiesa ortodossa russa, non vedo oggi un tema che possa spingere a mettere in agenda un viaggio e la venuta di Papa Francesco in Russia e a Mosca. I rapporti sono buoni ma resta sempre valido il fatto che il Papa parte sempre su invito del presidente di una Nazione ma

in questo caso l’invito esplicito da parte della Chiesa ortodossa sarebbe non solo auspicabile ma anche richiesto.

Da arcivescovo di Mosca, cosa spera per la piccola comunità dei cattolici in Russia, da questo incontro a Roma?

Innanzitutto questi incontri hanno una ricaduta positiva qui in loco perché se ne parla nei mezzi di comunicazione e parlare di un incontro del presidente Putin con Papa Francesco in qualche modo significa parlare della Chiesa cattolica e quindi anche della Chiesa cattolica in Russia. Un secondo aspetto è che normalmente, in occasione di questi viaggi o subito dopo, c’è un’attenzione da parte dei poteri amministrativi locali alle nostre comunità. Anche solo per prepararne un background avviene un dialogo in una serie di incontri che per noi hanno un risvolto positivo anche a livello locale.

E’ quello che Papa Francesco sta dicendo, promuovere sempre la cultura dell’incontro.

Sì. E a questo possiamo anche aggiungere la cultura del dialogo. Perché il Papa ha qualcosa da dire, ha qualcosa da proporre ma è anche uno che ascolta, che si lascia interrogare da quello che sente e questo rende dinamico l’incontro. Lo rende un dialogo. Un incontro in senso profondo, di scambio e arricchimento e non di contrapposizione.

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