“Nel nostro Paese la spesa sociale per il sostegno all’abitare è dell’0,13%, a fronte di una media europea del 2,5%. Delle circa 60mila sentenze di sfratto emesse due anni fa, il 90% sono state causate da morosità incolpevole, cioè impossibilità degli inquilini, colpiti da povertà relativa o assoluta al pari di milioni di italiani, di far fronte alle spese di affitto. Per questo le notizie e le immagini provenienti dal quartiere di Primavalle a Roma, dove si sta svolgendo lo sgombero forzato – con impiego cospicuo di forze di Polizia – di un edificio, tetto provvisorio di 340 persone, inclusi bambini, impossibilitate a trovare un’alternativa, destano angoscia, rabbia e molti interrogativi”. Così don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera e Gruppo Abele, commenta lo sgombero in corso da questa mattina nel quartiere di Primavalle a Roma. Il sacerdote sottolinea come “viene spontaneo chiedersi che democrazia è quella che, invece di costruire giustizia sociale in un concorso di diritti e di doveri, colpisce la povertà e la disperazione come se fossero dei reati”. “Così come – prosegue – viene da chiedersi che politica è mai quella che – non da oggi beninteso – invece di servire il bene comune e impegnarsi affinché a ogni persona siano garantiti i diritti fondamentali (la casa, il lavoro, l’istruzione, l’assistenza sanitaria) si concepisce e si manifesta come azione di forza, esercizio di spavaldo e compiaciuto accanimento contro le persone più deboli, indifese, spaventate”. Secondo don Ciotti, “tutto ciò per mera ricerca di consenso dunque di potere, quindi non prima di aver dipinto quelle persone alla deriva come una minaccia alla nostra sicurezza, parola ‘idolo’ di questa epoca in varie forme disumana”. “Continuo a credere, con buona parte degli italiani mi auguro, che la vera sicurezza sia quella che ci viene da una democrazia compiuta, che garantisca a ciascuno dignità e libertà, e ci faccia sentire un popolo in cammino, giusto, solidale, accogliente”, conclude il sacerdote, “consapevole che il benessere del singolo deriva sempre da quello della collettività”.

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