di Paolo Zucca

L’argomento scioperi, e in particolare nei servizi pubblici, è molto sentito da tutti. È politicamente ed elettoralmente sensibile, come è sensibile la definizione di criteri di rappresentanza per evitare che una miriade di sigle sindacali, in concorrenza fra loro, possa accentuare il disagio delle famiglie in viaggio nella logica del “gridare di più e mostrarsi più oltranzisti”. È un altro passaggio delicato per il Governo che non disconosce le tre sigle storiche eppure, soprattutto da parte della Lega, ha lavorato per costruire altri soggetti.

Non è un dibattito solo italiano e, al di là delle scelte di questi giorni, sollecita la ricerca di un nuovo punto di equilibrio fra diritto allo sciopero e diritti degli utenti-cittadini. Se in Italia l’attenzione è tutta su uno sciopero degli aeroporti con un occhio alla crisi Alitalia, dall’altra parte della Manica a rischio di chiusura sono i tre principali aeroporti londinesi (Heathrow, Gatwich, Stansted) per più giorni anche in pieno agosto. È evidente, al di là delle intenzioni, che il disagio si rifletterà sui passeggeri. Voli prenotati da mesi annullati e prime difficoltà nei viaggi vacanze. È un tipico caso di lavoratori e utenti che rischiano il conflitto se l’organizzazione sindacale non sarà in grado di spiegare bene finalità e modalità di attuazione. D’altro canto una minor potenzialità di mobilitazione penalizzerebbe le rivendicazioni sindacali dei lavoratori dei settori sensibili.

Esiste da sempre una tecnica sindacale che punta a guadagnare peso nelle trattative riducendo al minimo il costo del mancato salario dei lavoratori in sciopero.
Fissando blocchi dei trasporti nei giorni dei grandi spostamenti turistici, oppure nelle scuole nei primi giorni di assestamento ma anche delle consegne negli shopping day dell’ecommerce. Massimo effetto per il minor costo sopportato.
Nel corso degli ultimi decenni si è già usciti dai binari segnati dalla Costituzione negli articoli 39 (“L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”) e 40 (“Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”).

Per alcuni settori sensibili, come i trasporti, sono già state introdotte regole per evitare l’impatto più pesante delle agitazioni. I sindacati hanno colto la contraddizione di scioperi che, anche se ben spiegati, finiscono nell’impopolarità. Fin dal 1990 esiste la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, meglio conosciuta come Autorità di garanzia sugli scioperi.

Alla Commissione si è rivolto in queste ore il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ottenendo un appello del Garante ad annullare lo sciopero del 24 luglio per treni, porti e trasporti urbani e a ridurre quello del 26 luglio di 4 ore negli aeroporti (ma intera giornata per Alitalia). Per i sindacati non ci sono le condizioni per la revoca. Toninelli, molto attento a riconoscere il diritto di sciopero e semmai ad appellarsi al senso di responsabilità (anche alla luce della giornata nera dei treni bloccati per l’attentato in Toscana), sa bene che il Governo ha un consistente appoggio degli elettori/lavoratori. Fra i dipendenti si stima (fonte Ipsos) abbia votato 5Stelle il 41,6% dei dipendenti pubblici andati alle urne nel 2018 e il 34% dei dipendenti privati. La stessa Lega ha una componente forte nei lavoratori e in quelli sindacalizzati.

L’argomento scioperi, e in particolare nei servizi pubblici, è molto sentito da tutti. È politicamente ed elettoralmente sensibile, come è sensibile la definizione di criteri di rappresentanza per evitare che una miriade di sigle sindacali, in concorrenza fra loro, possa accentuare il disagio delle famiglie in viaggio nella logica del “gridare di più e mostrarsi più oltranzisti”.

È un altro passaggio delicato per il Governo che non disconosce le tre sigle storiche eppure, soprattutto da parte della Lega, ha lavorato per costruire altri soggetti.

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