Una giornata dedicata alla cultura ed all’arte. La mattina di questo 6 agosto, festa della Trasfigurazione, la celebrazione eucaristica ci ha aperto gli occhi ed il cuore a contemplare oltre ciò che gli occhi vedono, penetrando con lo sguardo dell’anima ciò che il Signore opera nel mondo. Si scopre cosi l’immenso mistero di Dio e le parole “immenso” e “mistero” sono particolarmente adatte a caratterizzare la visita della Città Proibita.

Si tratta di quella parte della Pechino imperiale che rimase per millenni abitazione esclusiva dell’imperatore, di pochi fidatissimi eunuchi e di un gran numero di regine, principesse, concubine e cameriere, che dovevano far somigliare le parti più interne di questa città fortificata ed inaccessibile a una scuola femminile all’ora di ricreazione.

Per l’ingresso a questi palazzi dell’antico potere, diventati impressionanti e bellissime vuote custodie, a uso di milioni di turisti, si passa per una piazza che ancora oggi esprime un potere vivo e forte. È la famosa piazza Tienanmen, la piazza delle gloriose adunate al tempo di Mao, ma anche delle proteste di anni più recenti.

Anche in Cina come in Argentina a Plaza de Majo ci sono tanti giovani scomparsi perché oppositori del regime, ma qui i genitori non possono far udire la loro voce, ne c’e tutta l’attenzione dei media internazionali al loro dramma. Vedendo l’oro delle lacche rosse dei bellissimi palazzi dei potenti di un tempo, oggi diventati attrazione turistica, viene da guardare con occhio contemplativo i palazzi del potere di oggi, per intravedere anche per loro una fine senza gloria. Di questi palazzi antichi resta la gloria dell’ingegno, dell’arte, della fantasia ed anche di una certa spiritualità, tutte cose che fanno davvero grande l’uomo e che restano quando le glorie del potere mondano scompaiono.

Dopo la città proibita, un tour a piedi che con il caldo di Pechino metterebbe a dura prova anche un maratoneta, siamo andati a visitare il Tempio del Signore del cielo. Nella Cina imperiale, che è durata fino agli inizi del XX secolo, il culto pubblico e solenne che dava unità e identità di fede a tutto il popolo, non era distinto dal potere politico. L’imperatore era la somma autorità politica e religiosa; era lui perciò che presiedeva le celebrazioni religiose solenni con cui tutto il popolo, da millenni, riconosceva nel Dio del Cielo, l’essere spirituale supremo, di valore e qualità superiore rispetto a tutti gli dei che popolavano la devozione cinese.

Quando Padre Matteo Ricci conobbe la devozione cinese per il Re del Cielo, vi lesse una preparazione provvidenziale di questo popolo ad accogliere l’annuncio di Dio, Padre del Cielo, come ce lo ha fatto conoscere Gesù.

Questo culto imperiale, oltre che splendido nei templi e nei riti, era anche molto saggio. Del Dio del Cielo, non si venerava una statua, ma solo il nome inciso in una tavoletta di legno: come non pensare alla venerazione per il nome del suo Dio invisibile, che caratterizza la fede di Israele su cui si radica la nostra fede cristiana?

Meditando queste cose, mentre attraversavo templi bellissimi, ma ormai vuoti di ogni preghiera, perché il culto imperiale è finito con l’impero, pensavo a quanto sarà impegnativo far intuire la bellezza della preghiera pubblica e liturgica a questo formicaio umano, che attraversa i templi ormai incapace di percepirne la chiamata a uno sguardo verso l’assoluto. I grandi incensieri che non mandano più profumi verso il cielo, gli abiti liturgici chiusi nei musei, la musica sacra che non risuona più… questi luoghi, che a loro modo davano gloria a Dio e nutrivano di bellezza spirituale le anime degli uomini, mi sono sembrati d’improvviso poveri ed imbruttiti, come certe chiese sconsacrate diventate depositi polverosi.

Poi ho visto dei bambini che al centro dell’altare della preghiera si facevano fotografare dai genitori con le mani giunte ed il volto solenne. Mi hanno spiegato che qui il popolo semplice viene ancora e i figli, chiedendo l’aiuto del Re del cielo come faceva l’imperatore, promettono ai genitori di impegnarsi ed essere buoni. Ho capito allora che per uno strano gioco della Provvidenza, che guida la fede semplice del popolo, qui la liturgia di lode a Dio non si è interrotta. Anche io allora mi sono messo in posa, cercando di metterci tutta la semplicità del cuore di un bambino, per fare una preghiera al Dio del Cielo, che per me è senza dubbio il nostro Padre celeste.

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