Segue il testo dell’Omelia che il vescovo Nazzareno Marconi ha pronunciato nel corso della Santa Messa celebrata nel pomeriggio del 31 agosto 2019 sul sagrato della cattedrale di San Giuliano, in occasione della festa del Santo patrono.

Nell’ultima festa di S. Vito, patrono di Recanati, ho ricordato che: «l’omelia per la festa del Santo Patrono di una città non è solo una riflessione spirituale, ma un momento in cui il Vescovo, nella sua responsabilità di Padre e Pastore è chiamato ad offrire una parola di saggezza a tutta la società civile».

Questa Santa Messa, celebrata in piazza e guardando verso il centro della Città, davvero una Messa “in uscita”, mi motiva ancora di più per questa scelta. Spero di essere ben compreso: non penso che il Vescovo debba indirizzare le scelte sociali, né tantomeno politiche di una città, ma rispondendo ad una richiesta che Gesù fa nel Vangelo, debba aiutare i credenti e tutti gli uomini di buona volontà a “leggere i segni dei tempi” (Mt 16,3), a riconoscere la realtà in cui viviamo e le sue caratteristiche dominanti.

Una città si può guidare seguendo le idee oppure le ideologie. Le idee si fondano su una lettura dei fatti, le ideologie sui desideri, le promesse o peggio le voglie dei singoli. La scelta cristiana è indubbiamente quella di pensare a partire dai fatti.

A tre anni dal terremoto fisico e da vari terremoti sociali ed emotivi che ci hanno colpito, è ormai un fatto che il mondo attorno a noi, e di conseguenza la Città, sono cambiati e sono tuttora in cambiamento.

La città serena, perché abitata da impiegati con la certezza dello stipendio e la possibilità di passare lo stesso lavoro ai figli, sta sparendo. La riorganizzazione e centralizzazione sul territorio italiano dei sistemi dirigenziali, sia pubblici che privati, non sembra dare prospettive alla idea di Macerata centro dirigenziale di un territorio, come era nel passato.

L’Università è certo una grande risorsa, ma non può essere la risposta lavorativa per tutta la popolazione, né essere l’unico centro progettuale del futuro della Città.

Il turismo può dare un aiuto, ma non siamo né Firenze, né Roma ed è bene che non ci illudiamo in proposito.

La grande distribuzione ed il commercio online stanno mettendo in crisi anche la città come centro commerciale del territorio, basta vedere quanti negozi chiudono.

Questi fatti sono più grandi di ciò che può fare una Amministrazione. Tutti hanno il diritto di criticare chi amministra, ma è bene allargare lo sguardo al mondo: i nostri problemi non nascono tutti dentro le mura e non si risolveranno se restiamo mentalmente chiusi dentro le mura di Macerata.

La Chiesa è definita da un bell’aggettivo: Cattolica. Cattolico significa: universale, che pensa in grande, che progetta inclusivamente, che opera in sinergia con molti, che dialoga per abbattere le separazioni. Per dare un futuro alla nostra città, è necessario un pensiero veramente “Cattolico”, non in senso confessionale ma etimologico.

Macerata, prima con la testa e poi con i piedi deve uscire dalle mura, deve ripensarsi insieme con le città vicine, non in alternativa.

Qualcuno si ricorderà della metafora suggerita dal Manzoni ne “I Promessi Sposi” quando descrive Renzo che va dall’avvocato Azzeccagarbugli, portandogli in dono quattro capponi, che tiene in mano stringendoli per le zampe legate insieme e a testa in giù, con le povere bestie dice l’Autore: «le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura».

Da Civitanova a Camerino c’è un mondo di piccoli borghi e medie cittadine che si salveranno solo se lo faranno insieme. Per questo è indispensabile incontrarsi, confrontarsi, leggere insieme la realtà ed insieme trovare soluzioni: il “Bene comune” da costruire non può essere troppo ristretto, non reggerebbe alla sfida del grande mondo che abbiamo intorno a noi.

Guardando poi più in grande la realtà sociale dell’Italia, di cui facciamo chiaramente parte, vedo un’altra serie di fattori che mi sembra saggio considerare.

Sono finiti i tempi in cui ad una generazione di padri di destra, si contrapponeva la generazione giovane a sinistra. Mi sembra passato anche il tempo in cui ai nuovi padri di sinistra, si contrapponevano i nuovi giovani di destra. Adesso si sta ricompattando una sinistra che cerca di tenere insieme un’anima anziana ed una più irrequieta realtà giovanile. E lo stesso si muove specularmente a destra. Ci attende un tempo in cui la grande tentazione sarà, per tenere unite nelle due case politiche queste anime irrequiete: di rafforzare lo scontro, di compattare le generazioni entro le famiglie ideologiche, demonizzando l’avversario e descrivendolo come “il male assoluto”. Il tempo delle scomuniche reciproche e dello scontro anche armato, lo abbiamo già vissuto e non ha prodotto niente di buono. Questo stile della guerra perenne contro l’altra parte, non è un pensiero buono, non è cattolico, non è universale, non pensa in grande, non progetta inclusivamente, non opera in sinergia con molti, non dialoga per abbattere le separazioni.

Un’Italia tanto divisa anche all’interno di schieramenti ed alleanze, dentro un mondo sempre più grande e potente, rischia di fare la fine dei capponi di Renzo!

Vorrei consegnare a san Giuliano ed alle menti ed ai cuori degli uomini di buona volontà, questi miei pensieri, nati dall’amore per questa Città e per tutta la nostra Diocesi, senza giudizi e senza condanne. Il Vescovo, come ho detto altre volte, non si schiera! Non per tatticismo o per altri interessi, ma per la mia profonda convinzione che un pensiero ed una conseguente azione che nascono sentendosi in guerra contro un nemico, non sono cattolici. Non credo che la storia proceda verso il bene attraverso la rivoluzione, ma come ci insegna la natura: sempre attraverso l’evoluzione.

Chi vuol impegnarsi per tutto questo troverà il mio incoraggiamento e sostegno.

Che san Giuliano ci aiuti e ci benedica.

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