La filosofia è un sapere che aiuta a vivere, a trovare l’equilibrio instabile nell’attraversare la complessità del proprio tempo. E’ un pensiero che cerca la verità sull’esistenza e non un freddo e sistematico razionalismo. Insomma è una filosofia per la vita quotidiana, che ha a che fare con l’anima, il cuore, la realtà, la trascendenza, la poesia, l’attenzione per l’altro, l’armonia con se stesso, con la natura. E con il Tutt’Altro: il mistero. Si tratta quindi di vivere la filosofia, la speranza che ci aiuta a guardare la realtà alla luce della verità. Da qui nasce un’etica per sentirci corresponsabili dello stato delle cose, per pensare ad un diverso e possibile sviluppo che solo la filosofia può trasformare in modo di vivere, che porti verso una piena fioritura umana.

Maria Zambrano, già allieva di Josè Ortega y Gasset e di Xavier Zubiri all’Universidad Central di Madrid, costretta, dopo la guerra civile, all’esilio, in Messico, Cuba, Roma, Svizzera, è la testimonianza di questa filosofia della vita quotidiana, come ce ne racconta Luigina Mortari in un suo recente saggio (1) e che può essere sintetizzata nella frase: una vita in fuga ed un pensiero libero. «La filosofia di Zambrano spazia sui paesaggi dell’anima, apre all’immensità del cosmo, addolcisce il discorso con parole di poesia, e per queste sue qualità può sembrare una filosofia dell’intimo. Ma così non: è filosofia per la vita, non solo per la vita intima dell’anima ma per la vita, per gli altri, per quella vita che è convivere». Si tratta di un pensiero magmatico, pieno di mistero, di una filosofia che ha intuito «La notte della cultura europea».

Giuseppe Maria Zanghì ha sottolineato questo «lamento» di Maria Zambrano: «Stiamo vivendo una delle notti più buie che abbiamo mai visto…Ma è anche vero che la speranza dalla parte dell’uomo, rimane possibile…. Si potrebbe dunque credere che la nostra cultura stia morendo soprattutto nel suo nucleo occidentale più antico, l’Europa. Ma potrebbe essere tutto il contrario, un’alba…Qualcosa se ne è andato per sempre, adesso è questione di tornare a nascere, di far nascere nuovamente l’uomo d’ Occidente in una luce pura e rivelatrice…L’Europa non è morta, l’Europa non può morire del tutto, essa agonizza…l’unica cosa che può risuscitare». (2)

Chiara Lubich ha tradotto questo pensiero in una riflessione su Gesù Abbandonato e la notte collettiva e culturale. A partire dal mistero di Gesù Crocifisso ed Abbandonato si fa strada con Chiara un nuovo paradigma culturale improntato alla comunione ed alla fraternità universale. Così, per Zambrano, il pensare è più ispirato che ragionato in questa “notte”. Tutta la vita è un cammino di saggezza. E’ un pensare che non pretende di conoscere per conoscere ma per saper vivere e morire. E’ un modo giusto e buono per attraversare le vicissitudini della vita. Si tratta di trasformare il sacro in divino, di dare parola a quanto è viscerale, opaco, oscuro e portarlo nella luce del pensiero. Il sacro è nelle cose che incontriamo, sta nei luoghi e non si dice. La filosofia ci aiuta a rispondere al nostro intimo bisogno di trasparenza, di luce. Un sapere che sappia essere di aiuto per tutti. «Ci devono essere molte vie, ce ne devono essere varie per ogni persona. Perché vari sono i
tempi.  Non mi riferisco solamente alle circostanze, ma al modo di vivere il tempo e al modo di patirlo.” (3)

La filosofia migliore è quella che trasforma la vita e nutre l’anima. Una filosofia pratica
e poetica. Una forma del pensare che ha cura della vita in un ritorno a Socrate: non la conoscenza per la conoscenza ma per salvare l’anima. Sapere cosa fare della propria vita è il sapere più umano di tutti. La ragione pratica accanto alla ragione poetica. «La ragione che sostiene un metodo capace di generare spazi inediti di vita e che ha cura del tempo del vivere è una ragione materna, incarnata, narrativa, appassionata». (4)

E’ importante la qualità dell’esserci. Come ci sentiamo. «La vita, un soffio, un alito, un nonnulla. Ma non il nulla, mai il nulla», come ci ricorda la Zambrano (5) (M. Zambrano. Enigmaticità e precarietà sono le qualità essenziali della vita. Siamo un enigma a noi
stessi ed alla continua ricerca di segni di amore. Vivere è fare tutti i giorni i conti con il mistero. Vivere è convivere per Ortega y Gasset. Cura di sé e degli altri per la letizia dell’anima.  Viviamo nel tempo ma non ci appartiene. Anche per Chiara Lubich ci è offerta questa possibilità nell’attimo presente. Da vivere bene. Se ogni istante si muore un po’, in ogni istante può germogliare un seme di senso. Verso dove tendiamo?  Siamo rivolti alla trascendenza, aneliamo ad altro. I passi necessari però sono ardui: accettare la realtà, stare nella realtà, conoscere se stessi, cercare la verità. Dobbiamo cercare il metodo per vivere. Farsi nulla per essere, come per Chiara Lubich. Essere fedeli alle cose e cercare la semplicità essenziale.
A conclusione di questa riflessione sulla filosofia come vita, ricordiamo un fatto avvenuto il 9 dicembre scorso. L’intera comunità scientifica italiana si è raccolta, come non capita di frequente, per ricordare Remo Bodei, presso la Scuola Normale di Pisa, dove ha insegnato per anni. Non a caso egli è stato, con grande generosità, il filosofo della relazione. Egli ha sottolineato l’importanza delle relazioni, la “voglia di comunità” in questa “notte culturale”. La cura verso le cose è l’antidoto alla contemporaneità. E’ l’attenzione all’uomo l’eredità più grande del filosofo. Attenzione sicuramente già presente in Maria Zambrano ed in Chiara Lubich. Affinità elettive tra questi Autori, in particolare tra Lubich e Zambrano, considerate entrambe tra le madri dell’Europa Unita.  “Fare il vuoto per l’unità di pensiero”. Vuoti di sé per addossarci tutto quanto grava sull’altro, i suoi problemi, le sue necessità, esattamente come fece Gesù, senza pensare alla risposta da dare.

(1) L. Mortari, Maria Zambrano. Respirare la vita, Feltrinelli, Milano 2019
(2) G.M. Zanghì, Notte della cultura europea: agonia della terra del tramonto, Città Nuova, Roma
2003
(3) M. Zambrano, Le parole del ritorno, Città aperta, Troina, 2003, pag. 27
(4) L. Mortari, op. cit. pag. 11
(5) M. Zambrano, I sogni e il tempo, Pendagron, 2004, pag 10

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