Qui di seguito il discorso proposto dal vescovo Nazzareno Marconi partecipando alla riunione del Consiglio comunale di Tolentino, in occasione della Visita pastorale svolta nell’Unità pastorale del centro storico della città.

Gentilissimo Signor Sindaco e voi tutti rappresentanti di questo bel popolo di Tolentino.
Oggi usare la parola “popolo” davanti a dei politici è pericoloso, perché si viene facilmente accusati del nuovo “peccato mortale della politica”: il populismo.

Personalmente ho sempre paura di un pensiero politico che vada avanti per slogan ed appiccichi sugli avversari titoli che significherebbero tutto il male possibile, senza fare la fatica di riflettere e spiegare.

Distinguere popolarismo da populismo
senza accontentarsi di slogan

Si può amare il popolo, cercare di ascoltarlo, volerlo difendere e non giudicare, senza essere tacciati di essere populisti?

Un grande maestro del pensiero cristiano in ambito sociale come don Sturzo ne era convinto. Nei suoi scritti, che in molti abbiamo riletto un anno fa, nel centenario dell’«Appello ai Liberi e Forti», si può rintracciare una distinzione importante tra popolarismo e populismo.

Nel suo pensiero e nella sua prassi Sturzo tratteggiava un percorso politico nuovo e difficile, ma non impossibile, che chiamava “popolare”. Un percorso solo in parte realizzato che potrebbe ancora spingere verso sintesi di pensiero e di prassi dallo sguardo lungo e delle quali abbiamo molto bisogno.

Il popolarismo, un percorso non esaurito, che potrebbe ancora ispirare il cammino
di uomini di buona volontà

Un percorso politico che uno studioso serio del pensiero Sturziano come Pierluigi Castagnetti delineava così: «né clericale né laicista, a ispirazione cristiana ma aconfessionale, “verticale” non solo perché fatto da uomini liberi e risoluti, ma perché univa la profondità del pensiero all’altezza di un disegno di futuro, non ideologico, non rivoluzionario, non velleitario, ma modernamente riformatore». Questo percorso politico verso la costruzione di una cosa nuova, che in parte si realizzò cento anni fa nel Partito Popolare, potrebbe ancora ispirare il cammino di uomini di buona volontà verso “qualcosa” che tanti aspettano e che come ha acutamente suggerito il cardinale Ruini: non necessariamente è un partito o un solo partito.

Credo che potremmo definirlo “uno stile politico” a cui ispirarsi. Uno stile, continuava Castagnetti nella sua bella sintesi del pensiero Sturziano: «che guardi al territorio ma anche allo Stato, non internazionalista ma con uno sguardo europeo, pacifista ma non neutralista, non liberista ma costruito attorno al principio-cardine della libertà, non centralista ma profondamente autonomista, uno stile che non mitizzi l’idea di popolo sino a farne una categoria astratta e strumentale, ma profondamente radicato nel tessuto sociale e popolare».

Uno stile politico che si concretizza
n una proposta complessa, meditata,
attenta al reale umano

In questo modo di pensare l’azione politica che procede per polarità, secondo il pensiero di un altro grande pensatore cristiano molto caro a papa Francesco come Romano Guardini, mi sembra trasparire una proposta di pensiero politico complesso, meditato, attento al reale umano. Un pensiero che ci manca, mentre da più parti ci confrontiamo con una proposta più urlata che pensata, più imposta che proposta.

Personalmente credo che i cambiamenti culturali più veri e solidi sono quelli che nascono dalla base, anche se non hanno paura di accogliere le intuizioni di uomini di qualità, che fortunatamente compaiono ogni tanto nel corso della storia umana.

Lo spazio dell’impegno politico non è
di servirsi del popolo per i propri progetti, questo è il populismo, ma di servire il popolo

Lo spazio dell’impegno politico in chi crede nella capacità del popolo di tracciare un cammino per la storia umana, non è di servirsi del popolo per i propri progetti, questo è davvero il populismo, ma di servire il popolo. Il politico deve essere come l’agricoltore, capace di vedere le gemme che spuntano sull’albero del popolo, i germogli di novità, da proteggere e curare. Deve però essere anche capace di potare quei rami che si indirizzano verso direzioni inutili, che non promettono buon frutto.

Questo è l’augurio che faccio a voi e sul quale domando di cuore la benedizione divina.

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