di Ernesto Diaco

Tutt’altro che chiuse o in quarantena, le scuole italiane stanno facendo la loro parte in questo momento di difficoltà e incertezza generale. Il mondo dell’educazione, come gli altri nuclei vitali del Paese, è sotto pressione ma non abbattuto. Come ricorda Alessandro D’Avenia in un video diffuso su Instagram, la scuola al momento non è chiusa perché la scuola sono le relazioni tra le persone, insegnanti e studenti, e queste proseguono, seppure mediate dai dispositivi elettronici.

“Non ho mai parlato così tanto col mio prof”

ha scritto un ragazzo sul suo profilo online, condividendo lo stupore per l’inedita esperienza.

Sono giorni pieni di lezioni, dunque. E non solo quelle che passano dalle piattaforme digitali, a distanza di sicurezza.

C’è una “lectio magistralis” di antropologia da accogliere, è stato detto.

In effetti, a volerla sfruttare, è grande l’opportunità che ci si offre per ricalibrare modi e stili di vita, a partire proprio dalle relazioni con gli altri, mai così tanto desiderati e temuti allo stesso tempo. La rivoluzione dei tempi e dei luoghi che ridisegna le nostre giornate sta anche riavvicinando un po’ le generazioni, e facendo sorgere una nuova voglia di cura reciproca. Più che sentirci nella stessa barca, vogliamo riconoscerci tutti dalla stessa parte.

Per quanto riguarda la scuola, la principale lezione da ricordare è che la scuola è molto di più dei “programmi”, sia quelli didattici che quelli informatici. Le tecnologie vengono in soccorso ma non cancellano il contatto diretto e il ruolo dell’insegnante, anzi lo richiedono ancora di più, per avere un ascolto, una parola di senso e di fiducia, una direzione da sperimentare.
Quanto si sta mettendo in campo, anche andando oltre gli orari di lavoro e i vincoli burocratici, non è per intrattenere i ragazzi bloccati forzatamente in casa. Non è solo un ripasso, ma un’esperienza.

È una scuola diversa quella che uscirà dall’emergenza sanitaria. Una scuola che oltre a riscoprirsi una comunità stretta da legami essenziali, non potrà continuare ad essere vista come una macchina ingestibile o un problema di qualcuno. La scuola, ogni scuola presente nel nostro Paese, genera anticorpi preziosi non meno di quelli che ci sono mancati davanti alla nuova epidemia,
perché sono molti i virus che incontriamo sul nostro cammino e non bastano delle istruzioni da seguire o il chiudersi in se stessi per farvi fronte.

Fin dal primo diffondersi della malattia si è fatto grande ricorso alla nostra storia e cultura, con le sue immagini potenti ed espressioni forti. Manzoni e Boccaccio i più citati, un po’ per esorcizzare il pericolo, dandogli dei limiti, un po’ per sottolineare che si può superare tutto insieme. Pare che anche le classifiche delle vendite librarie ne abbiano positivamente risentito.

D’altronde, senza la cultura ci mancano le parole. E senza la scuola saremmo tutti più esposti e vulnerabili.

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