Matematica e Coronavirus: può la matematica aiutarci a capire il modo in cui l’epidemia si diffonde ed eventualmente predirlo?
Ne abbiamo parlato con il prof. Roberto Giambò, docente della sezione di Matematica della Scuola di Scienze e Tecnologie dell’Università di Camerino.
“L’idea di usare la matematica per modellare la diffusione epidemica – afferma il prof.
Giambò – risale praticamente a circa un secolo fa, all’indomani della spagnola, che fece
decine di milioni di morti in tutto il mondo.
I modelli elaborati vengono chiamati modelli compartimentali, perché ripartiscono la
popolazione in gruppi, definiti appunto compartimenti, che rispondono in modo simile
rispetto al fenomeno che si sta studiando. Ad esempio, in questo caso, potremmo ripartire
la popolazione in sani, malati e guariti. Complicando queste idee iniziali attraverso gli
strumenti matematici delle equazioni differenziali, si elabora un sistema dinamico che è in
grado di rappresentare l’andamento in funzione del tempo e della numerosità di questi
gruppi”.
Il problema che si presenta è che questi modelli dipendono da alcuni parametri, quali ad
esempio, in questo caso, il tasso di contagio, ossia quante persone può contagiare un
infetto, e conoscere questi numeri è fondamentale per una predizione attendibile dei
fenomeni. Nel nostro caso abbiamo però a che fare con un virus che stiamo iniziando a
conoscere ora ed è dunque difficile predire adesso quanto durerà l’epidemia.
E’ possibile comunque fare qualche considerazione qualitativa. In assenza di misure di
contrasto, la diffusione è esponenziale, significa che la crescita è proporzionale al valore.
Se il numero di infetti è basso, quindi, è bassa anche la crescita. Ecco perché all’inizio se
ne può sottostimare la pericolosità; in quella fase non è semplice distinguere una banale
influenza da una possibile pandemia. Quando però i numeri diventano grandi, anche la velocità con cui essi crescono aumenta ed è quello che abbiamo sperimentato finora.
Ma quando si arresteranno i contagi? “Purtroppo finora il numero di casi giornalieri –
aggiunge il prof. Giambò – è sempre aumentato; solo quando il numero dei casi giornalieri
inizierà a diminuire in modo sistematico, allora sarà un segnale che ci stiamo avvicinando
al picco di contagio. I matematici direbbero che abbiamo incontrato un punto di flesso!!
Solo allora potremmo cominciare a guardare al futuro con ottimismo, ma sempre senza
abbassare la guardia. Limitare al massimo i contatti sociali come stiamo facendo ora, ha
l’effetto di modificare i parametri del modello, rallentando la curva di crescita in modo tale
da evitare ad esempio il collasso del sistema sanitario”.
Solo se ciascuno di noi rispetterà le regole che ci hanno imposto, potremmo
effettivamente dire con sicurezza che… andrà tutto bene!
Questo ed altri consigli e curiosità le potete trovare nella nuova rubrica “Pillole di… Scienza
e Lode”, a cura della redazione di Scienza e Lode, il webmagazine per la divulgazione della
ricerca di Unicam www.unicam.it/scienzaelode .

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