di Maddalena Maltese

Stanno fuori al freddo, seduti sui marciapiedi o sugli scalini, mangiando un pasto caldo confezionato eppure sono ottimisti e resilienti, nonostante la crisi del Coronavirus ha costretto la mensa a chiudere e a spostare tutti i servizi all’aperto. Padre Tom McCabe del centro Papa Francesco dell’arcidiocesi di Detroit è colpito dai suoi ospiti, tutti senza tetto che anche nell’emergenza sanno essere grati e si adattano senza creare ulteriori problemi. La crisi del Covid-19 ha significato dover chiudere docce, lavanderia e gli ambulatori clinici oltre che i servizi legali. Padre McCabe non si è comunque arreso e ha aperto stazioni di igienizzazione e servizi igienici portatili, mentre ad “healthy distance – distanza di sicurezza” continua a distribuire succhi di frutta e bevande calde anche a famiglie con bambini, che si trovano nella necessità di un pasto completo, quello che prima garantiva la scuola, ora serrata per evitare contagi.

Il religioso gesuita sa che ai suoi senzatetto “ordinari” potrebbero aggiungersi a breve quelli che perderanno il lavoro e che, con un reddito di sostentamento, non riusciranno a mantenere la casa e si ritroveranno in strada.

“Questo sarà l’esito ultimo della recessione e a fronte di questa scarsità di lavoro diminuiranno le donazioni proprio nel momento di maggior bisogno”. Our Daily Bread – Il nostro pane quotidiano è il programma alimentare della diocesi di Baltimora e da 39 anni distribuisce cibo a 700 persone al giorno. Dapprima hanno limitato il numero di ospiti nella mensa, mantenendo la distanza ma ora che la crisi medica incalza, i pasti sono diventati preconfezionati e distribuiti tenendo conto scrupolosamente delle norme igieniche. Nelle ultime settimane a gran parte dei volontari è stato chiesto di rimanere a casa, mentre si continua ancora la raccolta di cibo e denaro per chi è ultimo.

Gli esempi solidali sono la costante di questa prima settimana di crisi, dopo che il governo federale ha cominciato a prendere misure più drastiche,

già adottate da molti Stati che non hanno atteso decisioni centrali prima di chiudere spazi pubblici, scuole, uffici e persino i confini. Anche New York si è dovuta arrendere e questo fine settimana è stata proclamata la chiusura totale e la quarantena a casa, mentre i dati parlano di quasi 5mila casi solo in città.

L’autoquarantena non è certo una sfida da poco per chi non ha una casa dove isolarsi

come i migliaia di senzatetto che risiedono in California e che erano già una crisi prima della crisi.  Jennielynn Holmes-Davis, direttore di un programma di beneficenza cattolico nella contea di Sonoma ha cercato modi creativi per assistere i suoi 500 ospiti, lavorando soprattutto sulla prevenzione e sull’educazione. I loro 12 rifugi sono ancora aperti, ma costantemente igienizzati e con spazi adeguati alle nuove norme di sicurezza. I senzatetto sono poi tra le categorie particolarmente vulnerabili, sia per le condizioni di salute che per lo scarso accesso alle cure sanitarie, condizione condivisa da milioni di americani e che ha interrogato in questi tempi di crisi 40 medici cattolici.Sul sito MyCatholicDoctor hanno aperto uno spazio gratuito dedicato al virus e alla prevenzione della diffusione.Il sito offre visite video a coloro che sono malati a casa e fornisce assistenza sanitaria virtuale che migliora sia l’accesso alle cure, ma soprattutto impedisce il contagio. “I nostri fornitori di servizi di telemedicina sono addestrati a selezionare i pazienti, a rispondere a domande, a prescrivere farmaci e raccomandare terapie così che il paziente può guarire a casa”, spiegano gli ideatori che promuovono un approccio più personale e profondo con i pazienti.

Alla cura medica si affianca quella pastorale: anche qui i parroci si sono organizzati con celebrazioni online, preghiere via zoom, e confessioni stile drive in.

Padre Scott Holmer, parroco in Maryland ha deciso di sedere nel parcheggio della parrocchia e confessare i parrocchiani mentre stanno in macchina a debita distanza di sicurezza. Il sacerdote ha cominciato sabato scorso dopo l’annuncio della sospensione delle celebrazioni e ogni giorno ascolta almeno un’ora di confessioni e nel weekend anche più di sei ore, mentre un seminarista dirige il traffico per impedire intasamenti e soprattutto contagi. A chi chiede l’anonimato il sacerdote risponde bendandosi gli occhi.

“Forse è un modo radicale di offrire i sacramenti – spiega padre Scott – ma noi sacerdoti dobbiamo essere creativi su come portare Cristo alle persone quando non possiamo farlo nelle nostre chiese e serve portarlo ora”.

Il sacerdote durante la settimana porta in processione l’Eucarestia nei diversi quartieri della parrocchia e benedice le case dove in questo momento i suoi parrocchiani sono ben serrati.

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