di M. Michela Nicolais

“Disinvestire nel settore degli armamenti non vuol dire far perdere posti di lavoro”. A sfatare quello che ha definito “un luogo comune” è stata suor Alessandra Smerilli, coordinatore della Task-force Economia della Commissione Vaticana per il Covid-19 e Professore Ordinario di Economia Politica presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium; che durante la conferenza stampa dal titolo “Preparare il futuro, costruire la pace al tempo del Covid-19”, svoltasi in sala stampa vaticana, ha spiegato che “il settore delle armi è  “a intensità di lavoro molto bassa”. “Con un po’ di visione e lungimiranza – la tesi della religiosa – ci si può accorgere che la transizione verso maggiori investimenti sulla salute e sulla transizione ecologica farebbero aumentare, e non diminuire i rapporti di lavoro, come dicono i rapporti internazionali. Questo vuol dire avere visione, e che questo processo va accompagnato”. Un altro luogo comune fa sfatare è quello per cui disinvestire nell’ambito degli armamenti vorrebbe dire far diminuire l’innovazione, perché molte innovazioni nascono in ambito strategico-militare. “L’estrema specializzazione di questa ricerca – ha spiegato Smerilli – nel  momento in cui deve riconvertirsi nel civile dà luogo a costi ingenti di conversione: allora perché non investire direttamente nell’innovazione nel civile? In ambito militare, infine, c’è il segreto, mentre altri ambiti spingono a brevettare subito, e questo genera occupazione. Anche da questo punto di vita il settore delle armi non è quello più innovativo”. “Ogni euro speso in acquisto di armi fa diminuire il Pil”, la denuncia della religiosa, secondo la quale “la pandemia ci sta insegnando che di fronte a questo male comune dobbiamo reagire collettivamente, imparare a collaborare oltre che a competere”. “Non è impossibile, si può fare”, ha assicurato suor Smerilli citando il caso di tante aziende italiane che hanno riconvertito la loro produzione per fare pezzi per ventilatori polmonari o altre materiale di cui c’era urgentemente bisogno all’inizio della pandemia”. “Non dobbiamo limitarci a guardare pezzettini di realtà e mettere toppe su un vestito lacerato”, l’appello della religiosa: “la pandemia ci sta chiedendo non di ricominciare da capo  ma di pensare cose nuove. Per questo non ci piace il termine ‘recovery’: non si tratta di una macchina da far ripartire, ma di un modello da ripensare. Bisogna rigenerare l’economia pensando cose nuove, come ci chiede il Papa. Nelle grandi crisi sono nate grandi novità: oggi il mondo ci chiede pensare qualcosa di nuovo, e noi proviamo ad entrare in questo processo in collaborazione con tutte le persone di buona volontà che desiderano darci una mano per costruire un mondo diverso”. La Task force economia, ha ricordato Smerilli, fa parte del gruppo di lavoro 2 della Commissione vaticana per il Covid-19, e cerca di “preparare il futuro” dando corpo ad una “visione” di esso che si avvale della collaborazione tra diversi partner a livello internazionale: professori, professionisti, centri di ricerca, che ogni settimana presentano un rapporto sugli aspetti economici legati al Covid-19, pubblicati in una apposita newsletter. L’obiettivo è quello di “arrivare alle chiese locali, a chi si occupa di questioni diplomatiche e dei rapporti con gli Stati, per raggiungere i leader mondiali e far arrivare loro alcuni messaggi.

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