di Daniele Rocchi

“La situazione è drammatica. Dopo una prima fase con pochi contagi e un lockdown lungo fino a metà maggio, adesso ci troviamo a fare fronte a un numero importante di casi positivi. In queste due ultime settimane stiamo assistendo ad una escalation che fa paura. In Israele si registra una crescita di circa 1.200 casi al giorno e in Palestina di oltre 400 al giorno”. Così Vincenzo Bellomo, responsabile dei progetti di Associazione Pro Terra Sancta (Ats) a Betlemme, ha descritto quanto sta avvenendo in Israele e Palestina a causa della pandemia da Covid-19. Ieri sera nel corso di un incontro on line promosso dall’Associazione Pro Terra Sancta, Bellomo ha fatto il punto sulla situazione nei due Paesi dove, ha spiegato, “entrambi i governi hanno disposto una nuova chiusura per alcune attività. In particolare in Palestina è stato reintrodotto, due settimane fa, lo stato di emergenza fino al 5 agosto”. “In particolare – ha detto Bellomo – a Betlemme ci sono oltre 500 casi Covid attivi, nella vicina Hebron i casi sono oltre 5.000. Ci sono molte persone che rifiutano di fare test perché hanno paura di restare senza lavoro”. La crisi economica nei Territori palestinesi è stata acuita dal blocco dei pellegrinaggi in seguito alle restrizioni dovute al Covid-19. “Circa l’80% della popolazione betlemita – ha affermato Bellomo – lavora nel settore del turismo e dei servizi. Dal 5 marzo è tutto fermo: non ci sono né turisti, né pellegrini. Molte famiglie che lavoravano nel settore alberghiero, artigianato, turismo, ristorazione sono senza un salario e non sanno come andare avanti”. Dalla parrocchia locale e dall’Associazione Pro Terra Sancta arrivano progetti solidali: “Il Covid ha aggravato le condizioni di coloro che erano già vulnerabili, come anziani e disabili e aperto crisi in famiglie, giovani, donne. Abbiamo potenziato la Società Antoniana per gli anziani e creato progetti come quello delle mascherine che vede impegnate alcune donne betlemite. Abbiamo acquistato delle macchine per cucire ed oggi queste donne producono mascherine che stiamo distribuendo gratuitamente a Nazaret, Gerusalemme e Betlemme. Stiamo, infine, definendo ‘Dar al Majus’ (in arabo ‘La casa dei Magi’), una struttura acquisita grazie anche alla Cei e destinata a diventare un Centro di formazione professionale dove i giovani possono studiare per un lavoro e costruirsi una speranza. Se hai una casa e un lavoro non pensi ad emigrare. Lavoro e cultura saranno i pilastri di questo Centro”.

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