“A nome del Governo sono qui per portare massima vicinanza alla famiglia di Mario e lavoreremo tutti insieme, istituzioni e società civile, con la famiglia per ottenere la verità su quello che è accaduto”. Con queste parole il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, è intervenuto ieri a Napoli in occasione della commemorazione pubblica per Mario Paciolla, il cooperante trentatreenne morto in circostanze ancora non accertate, in Colombia, una quindicina di giorni fa. Simile proposito è stato espresso anche dal presidente della Camera, Roberto Fico, dal senatore Sandro Ruotolo e dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.
Ha detto ancora Di Maio: “Le autorità italiane stanno indagando e anche quelle colombiane e abbiamo attivato l’Onu sottolineando che ci aspettiamo risultati dalla loro inchiesta interna. Il diritto della comunità è di sapere verità, lo dobbiamo a Mario e a tutti i nostri cooperanti che lavorano in giro per il mondo. Ai genitori dico: contate su me e noi per avere verità”.
Paciolla operava a San Vicente del Caguán, nel Dipartimento colombiano sudorientale del Caquetá. Il cooperante stava lavorando a un progetto Onu nell’ambito del processo di pacificazione con l’ex guerriglia delle Farc e di riqualificazione di aree utilizzate dal narcotraffico. Inizialmente le autorità locali avevano parlato di suicidio, ma ci sono molti elementi, portati alla luce dalla stampa indipendente, che fanno invece pensare a un omicidio, maturato nello scenario di violenza che caratterizza anche l’attuale stagione colombiana, nelle periferie del Paese.
In un articolo uscito ieri sul quotidiano “El Espectador” la giornalista d’inchiesta Claudia Duque, che già nei giorni scorsi aveva messo in luce alcuni particolari importanti relativi al contesto nel quale operava Paciolla, mette in evidenza le coincidenze che lasciano capire l’intenzione di far sparire in modo rapido alcuni elementi che avrebbero potuto aiutare a far luce sulla vicenda. In particolare, l’articolo documenta la grande fretta con cui sono stati raccolti gli effetti personali di Paciolla e il fatto che l’appartamento dove viveva è stato pulito, liberato e messo nuovamente in affitto nel giro di soli due giorni. In tal modo, si legge nell’articolo, “solo due giorni dopo la morte si è persa qualunque possibilità fisica di ricostruire le circostanze nelle quali è morto l’italiano o di raccogliere e mettere al sicuro quelle evidenze materiali che non erano state prese in considerazioni quando il cadavere era stato prelevato”.
Inoltre, la Missione Onu ha ordinato agli altri cooperanti presenti a San Vicente di spostarsi a Florencia, capoluogo del Dipartimento. Provvedimento poco comprensibile, nel caso fosse in piedi l’ipotesi di suicidio.