Per tre anni, dal 2015 al 2018, ho collaborato con padre Giovanni Frigerio (24 aprile 1949 – 9 agosto 2020) alla realizzazione del Giardino di Maria, un piccolo spazio dedicato alla Madonna nella zona di Villamagna, all’Abbadia di Fiastra: è un ambiente naturale che ricorda, grazie alla presenza di ulivi, querce e cipressi, la Terra Santa.

Intorno a una cappellina, dedicata alla Madonna di Lourdes, sono state piantate alcune specie vegetali, nominate nella Bibbia. La mia idea venne subito approvata e sostenuta da padre Giovanni, monaco cistercense di grande cultura biblica e di notevoli conoscenze nel campo botanico, ma anche di grande forza interiore, che sosteneva il suo fisico esile e già minato dalla malattia.

La cappellina

Padre Giovanni per tre anni ha accudito quello spazio sacro: era il suo Eden, il luogo del riposo della sua anima dalle fatiche della giornata. Era anche il luogo dove egli veniva a chiedere aiuto a Maria ogni volta che si sentiva schiacciato dalle amarezze della vita.

Ogni specie vegetale aveva per lui un significato, ma il fiore che lo entusiasmava più di tutti era il mughetto, perché con i suoi fiorellini a grappolo rappresentava la comunità cistercense, il colore bianco gli ricordava la purezza; e il fiorellino con il capo reclinato, l’umiltà del monaco.

Un’altra pianta che lo appassionava era il Callistemon, volgarmente chiamato “le spazzole del diavolo”. Il colore rosso fiammante dei fiori mandava in visibilio Padre Giovanni: gli ricordava le fiamme dell’inferno.

Allo stesso modo anche la Kniphofia scatenava la sua fantasia, una pianta dalle foglie coriacee, lineari, molto lunghe e flessuose, che all’inizio dell’estate sviluppano lunghi steli carnosi, eretti e robusti, che portano strette spighe apicali, sfumanti dal giallo all’arancio corallo, come le fiamme sulla testa degli Apostoli il giorno di Pentecoste.

Nell’ultimo messaggio, che Padre Giovanni mi inviò qualche giorno prima di morire, era raffigurata proprio una kniphofia, come quella che gli avevo regalato. Vi era un pensiero che sapeva di profezia: «Nelle lacrime uno semina, poi contempla le meraviglie del Signore».

Insomma ogni specie vegetale era per lui un rimando alla vita spirituale, alla Sacra Scrittura. Tutto il creato lo riportava a Dio. Diceva: «Vedi, Elisabetta, io ho la testa sempre rivolta al Cielo, ma i piedi ben piantati a terra!». Ed era così! Era riuscito ad arredare il giardinetto di Villamagna senza fare alcuna spesa, ma prendendo, ad esempio, la panchina che era abbandonata in un deposito, e i pali di legno che dovevano fungere da staccionata, cercandoli tra i fondi di un magazzino.

Oltre alla grande conoscenza biblica, che amava approfondire quotidianamente, nonostante il poco tempo a disposizione per le molte attività lavorative che portava avanti e per il suo fervido ministero sacerdotale, un’altra sua risorsa era la grande conoscenza nel campo dell’agricoltura. Ricordo ancora quando espressi a Padre Giovanni il desiderio di piantare un fico nel giardinetto; mi disse subito: «I fichi si piantano per talea: basta prendere un ramo e tagliarne la parte apicale, interrare la parte senza foglie e dopo poco tempo la pianta attecchirà». Così fu, anche se la pianta, a causa dell’aridità del terreno, ebbe qualche problema ad attecchire.

Un’altra immagine della cappellina

Un’altra grande sorpresa fu la pianta di Giuda che decidemmo di piantare tra la cappellina e la croce, sempre per fare tutto in economia. Ne trapiantai una dal mio giardino, cresciuta sotto un abete. Durante l’operazione di estirpamento, l’apparato radicale fu ridotto al minimo. Nessuno avrebbe scommesso che quella pianta, strappata con forza dalla sua primitiva sede, avrebbe attecchito. Padre Giovanni veniva quasi quotidianamente ad osservarla e ogni volta la benediceva. La pianta superò l’invernata, ma in primavera non dava grandi segni di sviluppo, era composta da due rami opposti. Allora il Padre mi chiese il permesso di potarla; io acconsentii e gli dissi di togliere tutto ciò che ritenesse necessario. Fu potata fino all’essenziale; e sopravvisse. Divenne l’orgoglio di padre Giovanni.

Per tutto questo desidero dedicare a padre Giovanni Frigerio il canto dei bambini Palestinesi.

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