di Alberto Baviera

“Mi sento un essere speciale: ero un venditore di surgelati e avevo sposato la ragazza più bella di Bologna, ma quando ho visto 8 ½ di Federico Fellini mi sono convinto a prendere la strada del cinema. Aver convinto, all’epoca, i miei amici del Bar Margherita a vedere il film è il capolavoro della mia vita”. Lo ha raccontato oggi il regista Pupi Avati ricevendo nell’ambito della 77ª edizione della Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, il Premio Bresson 2020. Il riconoscimento, conferitogli da Fondazione Ente dello Spettacolo e Rivista del Cinematografo, con il patrocinio del Pontificio Consiglio della cultura e del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, è giunto quest’anno alla sua ventunesima edizione; in passato è stato attribuito, tra gli altri, a Giuseppe Tornatore, Manoel de Oliveira, Theo Angelopoulos, Wim Wenders, Aleksandr Sokurov, Jean-Pierre e Luc Dardenne, Ken Loach, Gianni Amelio, Liliana Cavani e Lucrecia Martel.

(Foto: Karen Di Paola)

Nel corso di una cerimonia che ha visto l’introduzione di Alberto Barbera (direttore artistico della Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia), alla presenza di Roberto Cicutto (presidente della Biennale di Venezia), Avati ha ricevuto il prestigioso riconoscimento (disegnato e donato dall’orafo Giovanni Raspini) da mons. Davide Milani, presidente FEdS. “È un premio per andare oltre ciò che ci imprigiona e a partire da ciò che ci imprigiona, per volare verso il senso – ha spiegato mons. Milani – nella forma di una scultura in argento che rappresenta una gabbia da cui si stagliano delle ali . Il suo significato è ben preciso: invita ad andare oltre ciò che ci affatica. Verso la grazia, che deriva dalla realtà che viviamo e non è un assoluto sciolto dalla contingenza”.
“I meriti di Pupi Avati sono tantissimi – ha affermato Barbera nella sua introduzione – ed è inutile elencarli: partendo dalla provincia è riuscito a conquistarsi una posizione di prestigio nel cinema italiano, dando vita una società di produzione con cui ha tutelato la sua creatività. Pupi è un grandissimo narratore di storie che rimarranno: gli spettatori di domani scopriranno qualcosa di questo Paese grazie ai suoi film”.
Intervistato dalla giornalista Tiziana Ferrario, Avati ha raccontato aneddoti e retroscena spiegando come “tutta la mia esistenza è attraversata da incontri speciali”: da Mario Monicelli a Pier Paolo Pasolini e Mariangela Melato.

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