di Maria Michela Nicolais
Pregare insieme per le vittime della guerra e della pandemia. È l’obiettivo dell’incontro di preghiera per la pace nello spirito di Assisi, dal titolo “Nessuno si salva da solo – pace e fraternità”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. L’evento interreligioso, giunta alla sua 34edizione, vede oggi la presenza di Papa Francesco, che prende parte al momento di preghiera ecumenica con le altre confessioni cristiane nella basilica di Santa Maria in Aracoeli e alla successiva cerimonia con i rappresentanti delle grandi religioni mondiali sulla piazza del Campidoglio, alla presenza del Presidente Mattarella. Accanto a sé, suo “fratello” Bartolomeo, come lo definisce il Santo Padre anche nell’enciclica Fratelli tutti, in cui sottolinea che il patriarca di Costantinopoli è stato “fonte di ispirazione” per la Laudato sì. Al termine della cerimonia, dopo il discorso del Papa, un minuto di silenzio in memoria delle vittime della pandemia e di tutte le guerre, l’appello di pace 2020 e l’accensione del candelabro della pace da parte di tutti i leader religiosi presenti.

Per una pace vera. Papa Francesco aveva già partecipato all’edizione 2016 della Preghiera per la pace, che si svolse ad Assisi per il trentennale del primo incontro. “Si apra finalmente un nuovo tempo, in cui il mondo globalizzato diventi una famiglia di popoli”, è stato in quell’occasione l’appello alla pace del pontefice dalla città del Santo di cui ha scelto di prendere il nome: “Si attui – era stato il suo auspicio – la responsabilità di costruire una pace vera, che sia attenta ai bisogni autentici delle persone e dei popoli, che prevenga i conflitti con la collaborazione, che vinca gli odi e superi le barriere con l’incontro e il dialogo. Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace”.
Pregare insieme nella città. Visitando, il 15 giugno 2014, la Comunità di Sant’Egidio, nella sua storica sede di Trastevere, il Papa ha spiegato cosa vuol dire pregare insieme in una città, come Roma, che oltre ad essere il centro della cristianità è anche da sempre sinonimo di dialogo tra le genti: “Questa antica basilica è diventata luogo di preghiera quotidiana per tanti romani e pellegrini. Pregare nel centro della città non vuol dire dimenticare le periferie umane e urbane. Significa ascoltare e accogliere qui il Vangelo dell’amore per andare incontro ai fratelli e alle sorelle nelle periferie della città e del mondo! Ogni chiesa, ogni comunità è chiamata a questo nella vita convulsa e a volte confusa della città. Tutto comincia con la preghiera. La preghiera preserva l’uomo anonimo della città da tentazioni che possono essere anche le nostre: il protagonismo per cui tutto gira attorno a sé, l’indifferenza, il vittimismo”.

Il mondo soffoca senza dialogo. “Lavorare per la pace non dà risultati rapidi, ma è un’opera da artigiani pazienti, che cercano quel che unisce e mettono da parte quel che divide, come diceva san Giovanni XXIII”, incalza Francesco “occorre più preghiera e più dialogo: questo è necessario. Il mondo soffoca senza dialogo. Ma il dialogo è possibile soltanto a partire dalla propria identità. Il mondo soffoca senza dialogo: per questo anche voi date il vostro contributo per promuovere l’amicizia tra le religioni”. Da Sant’Egidio, il messaggio del Papa si allarga al mondo: “Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società – che è la vera rivoluzione, quella della compassione e della tenerezza –, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”.

Costruire nuove strade di pace. C’ è bisogno di “costruire nuove strade di pace”, ha detto il Papa ai leader religiosi riuniti a Münster il 28 agosto 2017: “Specie dove i conflitti sembrano senza via d’uscita, dove non si vogliono intraprendere percorsi di riconciliazione, dove ci si affida alle armi e non al dialogo, lasciando interi popoli immersi nella notte della violenza, senza la speranza di un’alba di pace”. “Accanto ai responsabili politici e civili, tenuti a promuovere la pace per tutti, oggi e nell’avvenire, le religioni sono chiamate, in particolare con la preghiera e con l’impegno concreto, umile e costruttivo, a rispondere a questa sete, a individuare e aprire, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, strade di pace, senza stancarsi”, l’appello di Francesco “di fronte all’irragionevolezza di chi profana Dio seminando odio, di fronte al demone della guerra, alla follia del terrorismo, alla forza ingannevole delle armi. Quello che non possiamo e non dobbiamo fare è restare indifferenti”. Per fare questo, “il primo passo è saper ascoltare il dolore dell’altro, farlo proprio, senza lasciarlo cadere e senza abituarvisi: mai al male bisogna abituarsi, mai ad esso bisogna essere indifferenti. Mai più gli uni contro gli altri, ma gli uni insieme agli altri. Le religioni non possono volere altro che la pace, operose nella preghiera, pronte a piegarsi sui feriti della vita e sugli oppressi della storia, vigili nel contrastare l’indifferenza e nel promuovere vie di comunione”.

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