di Maddalena Maltese (da New York)
Il primo appuntamento è stata la messa di ringraziamento nella cattedrale di san Matteo, vietata ai giornalisti cui ha chiesto gentilmente di restare fuori perché da lui considerato un momento privato.
Nessuna foto di rito quindi, a differenza di quanto accaduto invece per altri presidenti che in passato avevano scelto di recarsi presso la chiesa episcopaliana di san Giovanni e di immortalare con qualche scatto quei momenti. Una celebrazione intima cui hanno partecipato anche i leader del Partito repubblicano, alcuni dei quali fortemente contestatori del risultato delle urne.
Biden ha sorpreso tutti. Non ha mancato di esprimere la sua gioia per il giuramento della prima donna americana chiamata alla carica di vicepresidente degli Stati Uniti. Nel suo discorso il forte desiderio di riunire la nazione e la necessità di guarire, insieme, dalle ferite provocate dalle divisioni. Parole molto attese, pronunciate con grande pacatezza, indirizzando “abbracci” virtuali sia a Bush che a Obama, senza accuse al vetriolo.
Una sobrietà istituzionale messa da parte negli ultimi tempi e di cui si sentiva la mancanza.
Biden ha poi voluto affidare ad una giovane poetessa afroamericana il suo sogno di democrazia condivisa, e per le preghiere di rito ha invitato sul palco presidenziale un gesuita in apertura e un metodista in chiusura. Il nuovo presidente ha sorpreso anche per lo zelo con cui si è preparato al suo primo giorno nello Studio ovale. Firmando ben 17 ordini esecutivi con l’obiettivo di dare, fin dall’inizio, ha voluto dare un indirizzo ben preciso al Paese. E non è passata inosservata infine l’inquadratura, tenera e fugace, di lui che regge in braccio un nipotino.

Anche la Chiesa ha guardato a questo evento. A cominciare da Papa Francesco col suo messaggio indirizzato al secondo presidente cattolico della storia degli Stati Uniti.
“Prego che le sue decisioni – ha scritto il Papa – siano guidate dalla preoccupazione di costruire una società caratterizzata da autentica giustizia e libertà, insieme al rispetto intoccabile dei diritti e della dignità di ogni persona, specialmente i poveri, i vulnerabili e coloro che non hanno voce”.
Di tono ben diverso il messaggio inviato al nuovo inquilino della Casa Bianca dal presidente della Conferenza episcopale americana, Mons. Josè Gomez, che in una giornata segnata dall’unità, ha rischiato e rischia di portare frizioni anche all’interno della comunità ecclesiale americana. In una dichiarazione insolitamente lunga, l’arcivescovo di Los Angeles assicura anzitutto a Biden le sue preghiere e poi chiede a Dio di concedere al nuovo leader americano “la saggezza e il coraggio per guidare questa grande nazione”, l’aiuto necessario per “superare le prove di questi tempi, guarire le ferite causate da questa pandemia, alleviare le nostre intense divisioni politiche e culturali e riunire le persone per una rinnovata dedizione agli scopi fondanti dell’America: essere una nazione impegnata per la libertà e l’uguaglianza per tutti ”. Il presidente dei vescovi chiarisce poi la posizione della Chiesa spiegando che “i vescovi cattolici non sono attori di parte nella politica della nazione” e che i loro giudizi e le loro posizioni “non si allineano perfettamente con le categorie politiche, di sinistra o di destra, o con le piattaforme dei nostri due principali partiti politici”. “Noi vescovi – prosegue mons. Gomez – lavoriamo con ogni presidente e ogni Congresso. Su alcune questioni ci troviamo più dalla parte dei Democratici, mentre su altre ci troviamo dalla parte dei Repubblicani”. Ma il vero affondo arriva poche righe dopo.

“Devo sottolineare – scrive Gomez – che il nostro nuovo presidente si è impegnato a perseguire determinate politiche che faranno avanzare il male morale e minacceranno la vita e la dignità umana, in maniera più grave in materia di aborto, contraccezione, matrimonio e genere”. Mons. Gomez ha espresso quindi la “grave preoccupazione” per “la libertà della Chiesa e la libertà dei credenti di vivere secondo coscienza”.

Dichiarazioni che fanno riemergere la spaccatura tra i Democratici e parte della Chiesa cattolica che proprio durante la campagna elettorale aveva contestato a Biden di aver ribaltato le sue decennali posizioni sull’Emendamento Hide, la legge che vieta l’impiego di fondi federali per l’aborto, a meno che non sia a rischio la salute della donna o se la gravidanza sia frutto di incesto o stupro.

Immediata la reazione dell’Arcivescovo di Chicago, il cardinale Blase Cupich, che ha definito la dichiarazione della Conferenza episcopale “sconsiderata”, sia perché “non ci sono precedenti per farlo”, sia perché tale dichiarazione, “così critica nei confronti del nuovo presidente “è stata una sorpresa per molti vescovi”, peraltro venuti a conoscenza del messaggio poche ore prima che fosse rilasciato ai media. Il porporato ha espresso quindi il desiderio e l’urgenza di “contribuire a tutti gli sforzi, in modo che, ispirati dal Vangelo, possiamo costruire l’unità della Chiesa e intraprendere insieme il lavoro di guarigione della nostra nazione in questo momento di crisi”.

Fiducia al nuovo leader della Casa Bianca anche dall’arcivescovo di Newark, il cardinale Joseph William Tobin, che ha invitato tutti a dare una chance al nuovo presidente, a non “usare parole dure e a non interrompere con lui ogni comunicazione”, solo perché ci si trova in disaccordo su alcuni temi.

Gli altri vescovi, nei loro messaggi, si sono schierati alcuni a difesa di Gomez, altri hanno preferito restare neutrali. Dunque, la sfida all’unità lanciata da Biden al Paese tocca tutti e include anche la Chiesa cattolica, a cui lui stesso appartiene. E forse, anche su questo piano,​ l’agenda del secondo presidente cattolico degli Stati Uniti potrebbe riservare delle sorprese.

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