Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti

Preghiamo i salmi con S. Giovanni Paolo II

SALMO 8 (SAL 8,2.4-7)
O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo
nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Meditando il Salmo 8 l’uomo, immerso in un fondale notturno, quando nell’immensità del cielo s’accendono la luna e le stelle, si sente come un granello nell’infinito e negli spazi illimitati che lo sovrastano. Al centro del Salmo emerge una duplice esperienza. Da un lato, la persona umana si sente quasi schiacciata dalla grandiosità del creato, «opera delle dita» divine. Dall’altro lato, però, Dio si china sull’uomo e lo incorona come suo viceré. Anzi, a questa creatura così fragile affida tutto l’universo, perché ne tragga conoscenza e sostentamento di vita. Rileggendo questo salmo l’autore della Lettera agli Ebrei vi ha scoperto una comprensione più profonda del disegno di Dio nei riguardi dell’uomo. La vocazione dell’uomo non può essere limitata all’attuale mondo terreno; se il Salmista afferma che Dio ha posto tutto sotto i piedi dell’uomo, questo vuol dire che gli vuole assoggettare anche «il mondo futuro» (Eb 2,5). In definitiva, la vocazione dell’uomo è una «vocazione celeste». Dio vuole «condurre alla gloria» celeste «una moltitudine di figli». Perché questo progetto divino si attuasse, era necessario che la vita fosse tracciata da un «pioniere», nel quale la vocazione dell’uomo trovasse il suo primo adempimento perfetto. Questo pioniere è Cristo. L’autore della Lettera agli Ebrei ha osservato in proposito che le espressioni del Salmo si applicano a Cristo in maniera privilegiata, cioè più precisa che per gli altri uomini. Infatti, il Salmista adopera il verbo «abbassare», dicendo a Dio: «abbassasti l’uomo un poco in confronto degli angeli, di gloria e onore lo coronasti». Per gli uomini ordinari, questo verbo è improprio; non sono stati «abbassati» in confronto degli angeli, giacché non si sono mai trovati al di sopra di essi. Invece per Cristo, il verbo è esatto, perché, in quanto Figlio di Dio, egli si trovava al di sopra degli angeli ed è stato abbassato quando è diventato uomo, poi è stato coronato di gloria nella sua risurrezione. Così Cristo ha adempiuto pienamente la vocazione dell’uomo e l’ha adempiuta, precisa l’autore, «a vantaggio di tutti» (Eb 2,9).

Una storia per pensare…
Se sapessi che è l’ultima volta ti guarderei mentre ti addormenti, ti rimboccherei le coperte più strettamente, ringrazierei il Signore per la tua vita preziosa. Ti guarderei dormire per un po’. Se sapessi che è l’ultima volta ti accompagnerei fino alla porta quando esci, ti darei un bacio e un abbraccio e ti chiamerei indietro per dartene un altro. Se sapessi che è l’ultima volta ascolterei la tua voce, spegnerei la TV, poserei il giornale e ti dedicherei tutta la mia attenzione. Ricorderei il suono della tua voce e la luce dei tuoi occhi. Se sapessi che è l’ultima volta ti ascolterei cantare, canterei con te e ti chiederei di cantare un’altra volta. Se sapessi che è l’ultima volta che sto con te, vorrei dare importanza a ogni istante.
Ti direi quanto desidero che tu vada in Paradiso. Ti direi di non avere paura ma di essere forte. Ti direi che ti amo, e ridendo condivideremmo i nostri ricordi preferiti. Ringrazierei il Signore per averci fatti incontrare e per essersi preso cura di noi in modo così speciale. Se sapessi che è l’ultima volta… Non so affatto quando sarà l’ultima volta. Aiutami, Signore, a mostrare il mio amore a tutte le persone che hanno inciso sulla mia vita. Perchè questa può essere l’ultima volta che stiamo insieme…

La voce di un maestro spirituale
La nostra fede è simile a un grembo reso fecondo dalla potenza della Parola di Dio che a sua volta partecipa della potenza di Dio non appena questa Parola è accolta in un abbandono totale (André Louf)

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