di Nazzareno Gaspari*

Sono un ex allievo dell’Istituto Salesiano ed ho avuto come docente di Italiano dall’anno scolastico 1962-63 per tutto il triennio del Liceo Classico don Giovanni Carnevale. Molti di coloro che hanno avuto esperienza di don Giovanni come salesiano e come docente, sono rimasti amareggiati in questi giorni per l’enfasi con cui talune testate ne hanno racchiuso la figura nelle discutibilissime tesi su Aquisgrana in Val di Chienti, certi che non in queste Egli abbia profuso le sue migliori qualità umane, spirituali e culturali.

No. Don Giovanni Carnevale ha rappresentato ben altro per generazioni di studenti. Ha trascorso sessant’anni nell’Istituto Salesiano di Macerata, che di anni ne ha poco più del doppio; dunque è stato parte cospicua della sua storia. L’ultima volta in cui ci siamo incontrati, non molto tempo fa, mi ha additato ai presenti dicendo «quell’anziano lì con la barba bianca io l’ho conosciuto ragazzino!», proprio a voler sottolineare il suo servizio educativo di lungo corso nell’Istituto.

Capisco che la grancassa su Aquisgrana in Val di Chienti possa aver oscurato, non da oggi, ogni altro motivo di stima e gratitudine nei suoi confronti. Capisco anche che la passione e il fervore con cui ha sempre affrontato i suoi studi possano, su San Claudio, avergli fatto superare i confini tra ricerca e creatività, tra conoscenza e fantasia, fino a fargli scambiare la suggestione con la convinzione così come gli hanno fatto confondere assonanze con identità, possibilità con incontrovertibilità, traduzioni approssimative con testi probanti, deduzioni azzardate con conclusioni logiche. Ma i migliori ricordi dei suoi ex allievi, sia di quelli che l’hanno avuto solo professore sia di quelli come me che stavano in collegio e l’hanno quindi avuto educatore, non sono affatto legati alle sue tesi storiografiche sulla Val di Chienti.

Affabulatore brillante e simpatico, dalla battuta pronta e dalla risata possente, sapeva stare tra i giovani: ci conosceva, ci capiva, ci coinvolgeva, sapeva interloquire con noi con leggerezza e profondità nello stesso tempo, guidandoci con rispetto e trattandoci sempre con tono sereno e incoraggiante. Come professore, ci insegnava Letteratura italiana adottando metodi didatticamente innovativi che applicava con naturalezza; ci spiegava gli autori in modo semplice e al tempo stesso penetrante, ci leggeva i loro testi con un coinvolgimento personale che rafforzava la loro resa comunicativa.

Teneva molto di più a renderci partecipi ed interessati che non a farci semplicemente imparare. Avendo fatto poi per vari anni lo stesso mestiere, so quanta cultura, pazienza ed abilità richiedeva quella capacità di attrarre il nostro interesse! E volentieri si concedeva divagazioni fuori dai programmi scolastici per richiamare la nostra attenzione su fatti rilevanti di attualità politica e sociale, in tempi in cui in collegio non era permesso introdurre quotidiani.

I suoi libri su Aquisgrana in Val di Chienti li ho letti ma non mi hanno affatto convinto. Preferisco ricordarlo per come era salesiano e docente, per come incontrava e trattava i giovani, per come ha saputo aiutarmi a crescere e formarmi.

Grazie don Giovanni, da lassù continua a sorriderci.

*già preside dell’Itc Gentili di Macerata 

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