La Laja vuol dire «pietra», e non potrebbe esserci nome più appropriato per descrivere questa colonia in pieno territorio dei narcos, tra i cartelli della droga nello Stato di Guerrero. È in luoghi come questo che si può dare un volto concreto alla sofferenza, alla povertà, alla miseria, alla violenza brandita come arma impropria ma di uso quotidiano.

È su queste strade polverose e desolate che cammina anche Papa Francesco, nei suoi giorni da pellegrino vissuti nel ventesimo Paese straniero toccato in tre anni di pontificato. «Vi porto nel cuore, ora potrò visitarvi e calpestare quella terra benedetta, tanto amata da Dio e tanto cara alla Vergine Maria», le parole rivolte ai messicani alla vigilia della partenza.

Don Ginami durante una delle sue missioni umanitarie
Don Ginami durante una delle sue missioni umanitarie

Morte e risurrezione, nel cristianesimo, si incontrano, e nel pontificato di Francesco si fanno «carne» nelle periferie di una Chiesa in uscita. Nel settembre 2014, proprio nello Stato di Guerrero, uno Stato tra i più violenti del Messico, sono stati uccisi 43 ragazzi che avevano rubato un pullman. I loro corpi sono stati ritrovati bruciati da un gruppo di narcotrafficanti. «Papa Francesco parla di periferie umane, ma qui siamo oltre la periferia, qui siamo fuori dai confini dell’umano», annota don Luigi Ginami nel suo libro, «Opere di luce», scritto a quattro mani con la giornalista di Rainews Vania De Luca, in cui racconta il suo «viaggio di solidarietà»: volti e storie vere dalle periferie del mondo, dalla guerra di Gaza al terrorismo di Al Shabaab a Garissa in Kenya, dallo splendore della natura della Andre alle foreste del Perù o del Vietnam, ai colori del Brasile e del Messico, toccando con la mano la carne di Cristo nei poveri e nei sofferenti.

Sullo sfondo c’è la Fondazione intitolata alla madre di don Gigi, Santina Zucchinelli (www.fondazionesantina.org) nata in sua memoria per superare la semplice filantropia della raccolta fondi o della realizzazione di progetti: l’obiettivo è «avviare percorsi di solidarietà e condivisione, anche piccoli, e coinvolgere persone, favorendo incontri, reti di conoscenze e amicizie», per diventare capaci di «reggere anche lo sguardo dei poveri», come scrive monsignor Guillermo Karcher, cerimoniere pontificio dell’arcidiocesi di Buenos Aires, nella prefazione del volume.

In Messico, i protagonisti sono uomini, donne e bambini travolti dalla storia e in cerca di un riconoscimento della propria dignità. Nella colonia di La Laja si muore per niente. I cartelli della droga si sono sostituiti allo Stato e hanno corrotto esercito e polizia. A Retorno de los Amates, una strada buia piena di solitudine, c’è dipinta una Madonnina di Guadalupe in sgargianti colori messicani con la scritta «Paz», ma di pace non c’è traccia.

In mezzo a cartacce, lattine, sacchi di plastica, una madre ha piantato una croce blu di cemento per identificare il luogo dove poter piangere suo figlio. Una croce che rimanda a quella con la «C» maiuscola, ma anche alle piaghe di altre vite devastate, quelle con cui papa Francesco ha a che fare in questi giorni.

NEL SETTEMBRE 2014, PROPRIO NELLO STATO DI GUERRERO, UNO TRA I PIÙ VIOLENTI DEL MESSICO, SONO STATI UCCISI 43 RAGAZZI CHE AVEVANO RUBATO UN PULLMAN: I LORO CORPI SONO STATI RITROVATI BRUCIATI DA UN GRUPPO DI NARCOTRAFFICANTI

Come Rosio, 32 anni, la mamma del piccolo Javier: lavorava in un bar e ha visto qualcosa che non doveva vedere. Da allora la sua sorte è segnata: mentre dormono, Javier e suo papà sentono un giorno tre colpi provenire da sotto casa. Mamma Rocio non tornerà più. «Sono stati particolarmente feroci», racconta Javier precocemente diventato adulto in una notte che avrà sempre davanti agli occhi: «Il primo colpo nella pancia per generare una terribile sofferenza. Solo dopo una lunga agonia di quindici minuti il secondo o il terzo colpo». Nora è una bella signora di 42 anni alla quale la vita ha già reso bianchi i capelli. «Non ho mai avuto niente a che vedere con i narcotrafficanti», ma suo marito ha visto la sua vita cambiare in mezz’ora, quel giorno in cui ha preso a bordo con il suo taxi un ragazzo con uno zaino pesante, carico di droga a sua insaputa. Il ragazzo è stato subito freddato da un sicario uscito da un fuoristrada che ha costretto il taxi ad accostare, lui è sopravvissuto, ma è ora un disabile che deve restituire i soldi di un taxi crivellato di colpi mentre la polizia lo ritiene colluso con i cartelli della droga. Faceva il tassista anche il marito di Lisette. Lei ora non riesce neanche più a recitare per intero il «Padre Nostro» e possiede un solo diamante: Carla, che portava in grembo quando suo padre è stato decapitato dai narcos.

Storie di morte e di resurrezione, quelle raccolte da don Gigi: perché grazie all’adozione i figli di famiglie straziate come quelle descritte possono sperare di avere un futuro. In Messico, dove il Papa sta compiendo il suo viaggio già affidato fin dalla vigilia alla Madonna di Guadalupe, come in India. Nella diocesi di Garissa, è iniziata la costruzione di una chiesa nella terra bagnata dal sangue dei 148 giovani martiri uccisi per il semplice fatto di essere cristiani. «Un seme di speranza, un faro di luce nelle tenebre della disperazione e dello sconforto», la scommessa vinta. È a questi eroici giovani che il libro è dedicato.

M. Michela Nicolais

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