In occasione dell’uscita del numero 4000 del quindicinale “La Civiltà Cattolica”, il 9 febbraio scorso, papa Francesco ha concesso un’udienza speciale agli scrittori del Collegio della rivista. Un gesto che già i suoi predecessori, Pio IX e Benedetto XVI, avevano compiuto con i redattori della storica pubblicazione fondata nel 1866. Il Vescovo di Roma ha dato degli orientamenti di stile ai convenuti all’incontro (leggi qui il testo completo). «Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri – ha affermato Bergoglio -, soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze – ha aggiunto il Papa -, andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù che dice ai suoi: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt 14,27)».

Secondo il Papa, il cattolico «non deve aver paura del mare aperto e cercare il riparo in porti sicuri»

Il Papa ha indicato alla Civiltà Cattolica una missione precisa: «Essere una rivista cattolica». Ma, per il Pontefice, essere rivista cattolica «non significa semplicemente che difende le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia». Come scrisse Carlo Maria Curci, fondatore del quindicinale, «La Civiltà cattolica non deve apparire come cosa da sagrestia», ovvero, per il Santo Padre, una rivista è davvero «cattolica solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia».

Una rivista è davvero «cattolica solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia»

Se i fondatori del periodica amavano definirsi “lavoratori” e non “intellettuali”, oggi, gli attuali giornalisti della Civiltà Cattolica sono invitati dal Papa a tener presenti tre parole. La prima è “inquietudine”: «Solo l’inquietudine dà pace al cuore di un gesuita – ha detto il Santo Padre -, senza inquietudine siamo sterili. Se volete abitare ponti e frontiere dovete avere una mente e un cuore inquieti. A volte si confonde la sicurezza della dottrina con il sospetto per la ricerca. Per voi non sia così. I valori e le tradizioni cristiane non sono pezzi rari da chiudere nelle casse di un museo. La certezza della fede sia invece il motore della vostra ricerca».

Oggi i giornalisti devono tener presenti tre parole: inquietudine, incompletezza e immaginazione

La seconda parola è “incompletezza”: «Dio è il Deus semper maior, il Dio che ci sorprende sempre. Per questo dovete essere scrittori e giornalisti dal pensiero incompleto, cioè aperto e non chiuso e rigido. La vostra fede apra il vostro pensiero. Fatevi guidare dallo spirito profetico del Vangelo per avere una visione originale, vitale, dinamica, non ovvia. E questo specialmente oggi in un mondo così complesso e pieno di sfide in cui sembra trionfare la “cultura del naufragio” – nutrita di messianismo profano, di mediocrità relativista, di sospetto e di rigidità – e la “cultura del cassonetto”, dove ogni cosa che non funziona come si vorrebbe o che si considera ormai inutile si butta via».

Foto Sir

Il Papa ricorda che la crisi è globale e, quindi, solo un pensiero aperto può affrontare la situazione e comprendere dove stia andando il mondo e come affrontare i problemi. Inoltre, Bergoglio ha ricordato come sia necessario far conoscere ai cattolici come Dio sia a lavoro anche fuori dai confini della Chiesa, in ogni autentica “civiltà”, con il “soffio dello Spirito”.

Infine, l’“immaginazione”: «Questo nella Chiesa e nel mondo è il tempo del discernimento. Il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente che conosce la via umile della cocciutaggine quotidiana, e specialmente dei poveri. La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita. Ma bisogna penetrare l’ambiguità, bisogna entrarci, come ha fatto il Signore Gesù assumendo la nostra carne. Il pensiero rigido non è divino perché Gesù ha assunto la nostra carne che non è rigida se non nel momento della morte».

Queste sono le coordinate che il Papa affida non solo ai redattori della prestigiosa rivista ma a ogni comunicatore che voglia leggere i segni dei tempi che accompagnano questa nostra epoca.

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