Almeno la vista delle fonti è stata ridata alla città di Tolentino, perché per per l’uso non è immaginabile ipotizzare che si possa tornare a vedere lavare i panni nelle vasche di acqua corrente, gelida in inverno e fredda in estate. Alcuni di noi ricordano quanta fatica c’era in quel lavoro, fin dalla cesta in testa di quelli sporchi in arrivo a quella ben più pesante di quelli puliti ma umidi al ritorno verso la casa, pure distante, perché le fonti erano sempre un po’ fuori il paese.

Io ricordo Fonte Maggiore di Macerata, ma per le Fonti di San Giovanni era la stessa cosa. Una sorta di piazza per le donne, che potevano comunicarsi le novità della vita di paese, scambiarsi pareri e consigli. Gli uomini portavano magari gli animali ad abbeverare, ma avevano altri luoghi, come il marcato delle bestie. Vederle in degrado crescente è stata una sorta di ferita aperta, non solo per il valore di un bene storico-architettonico risalente al XV – XVI secolo, ma soprattutto per il desiderio di mantenere la memoria di un passato di vita. Credo che molti ormai fossero rassegnati.

L’acqua non è stata ripristinata, anche se gli scarichi sono ancora funzionali, ma… chissà. Aspettiamo di vederle di notte per apprezzare anche la suggestione dell’illuminazione a led.

Nella cerimonia di riconsegna, il sindaco Giuseppe Pezzanesi ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile l’intervento di restauro, Rosaria Del Balzo Ruiti, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della provincia di Macerata, che ha finanziato i lavori con un contributo di 30 mila euro, Pierluigi Salvati della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche, che ha sottolineato l’ottima collaborazione con l’Amministrazione comunale e con gli uffici che porta a finalizzare sempre più restauri a Tolentino e Cesare Salvatori, che ha illustrato le varie fasi delle attività che hanno consentito il pieno recupero di uno dei simboli di Tolentino.

Nel complesso un intervento che ha voluto fermare il degrado, già evidente in vecchie foto dei primi del Novecento, senza però falsare la realtà ed inventare ricostruzioni che non avessero giustificazioni nella documentazione storica. In questo senso si spiega anche (oltre la necessità di limitare i costi, rientrando nelle disponibilità e terminare quindi l’intervento) l’essenzialità della ringhiera metallica di protezione, che comunque ha il pregio di non disturbare la vista della struttura ad archi delle fonti.

Certamente non è più tempo di opere faraoniche o grandi inaugurazioni come palazzetti e piscine, ma fermare il degrado e ridare dignità ai piccoli angoli delle città probabilmente è ancora possibile. Anche in tempo di crisi.

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