Dopo il prezioso contributo del professor Giacchetta (leggi qui la sua intervista) che ci ha parlato di come vede svilupparsi lo stile sinodale in ambito diocesano, cerchiamo chi può aiutare le nostre comunità parrocchiali a vivere questo stile, avendolo già scelto nella vita quotidiana. Sto parlando della famiglia, sulla quale negli ultimi anni la Chiesa ha concentrato un’attenzione particolare, e messa in primo piano da Papa Francesco con “Amoris Laetitia”, l’Esortazione apostolica frutto di due Sinodi (quello straordinario del 2014 a cui è seguito quello di ottobre 2015) e due consultazioni “di popolo”, vera novità storica, ai quali il successore di Pietro unisce altre considerazioni in grado di orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale, e al tempo stesso offrendo coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà.

Non è mia intenzione sviscerare i contenuti dell’immenso lavoro dei Padri sinodali, ma mi sembra importante sottolineare come davvero la famiglia possa illuminare la vita delle comunità parrocchiali, essendo la parrocchia stessa “famiglia di famiglie” (AL, 202), perché è nella famiglia che matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, e si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso e sempre rinnovato. Tutti ingredienti indispensabili affinché le parrocchie diventino comunità capaci di “prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare” (Evangelii Gaudium 24).

Ma rimanendo in tema famiglia, la relazione finale del Sinodo dell’ottobre 2015 afferma che «in virtù del sacramento del matrimonio ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa. In questa prospettiva sarà certamente un dono prezioso, per l’oggi della Chiesa, considerare anche la reciprocità tra famiglia e Chiesa: la Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa».

Ecco che allora la prossima volta verificheremo, grazie a una testimonianza, come il sacramento del matrimonio possa essere un bene per la Chiesa, e soprattutto essere un segno per i tanti giovani che covano un profondo desiderio di costituire una famiglia, ma magari sono scoraggiati per la mancanza di stabilità lavorativa, oppure considerano il matrimonio un peso da sopportare tutta la vita, in solitudine. Chissà che invece, dal confronto diretto con la vita di una famiglia, possiamo iniziare a risvegliare la fiducia nella grazia, credendo che il matrimonio in fondo sia una strada di felicità per vivere la gioia dell’amore?

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