di Fabiola Scagnetti *

Ascuola ogni evento, anche il più drammatico, deve diventare occasione per imparare qualcosa su noi stessi e sul mondo. Lo sappiamo bene noi che in questo territorio abbiamo visto crollare le scuole e abbiamo capito il significato della resilienza e della solidarietà e ci siamo appassionati ai temi dell’edilizia scolastica.

L’emergenza coronavirus all’improvviso ci ha privato di ciò che identifica i tempi e gli spazi dello stare insieme a scuola: nessuna campanella a scandire il ritmo della giornata, nessuna aula in cui condividere conoscenze e attività, nessun cortile per giocare a ricreazione, né refettorio per mangiare insieme. È vero… anche dopo i terremoti del 2016 siamo rimasti senza aule da un giorno all’altro, ma mai abbiamo messo in discussione la possibilità di trovare un altro luogo, per quanto provvisorio, in cui riunire le classi, se non altro per farci coraggio a vicenda, mai abbiamo immaginato di dover scardinare totalmente l’ambiente di apprendimento come tutti lo conosciamo.

Per gli Istituti comprensivi, che accolgono alunni dai 3 ai 14 anni, i problemi da affrontare sono stati molti e complicati. Impossibile trovare un’unica soluzione che andasse bene per la scuola dell’infanzia, per la primaria e per la secondaria di I grado. Si è trattato di cercare modalità totalmente nuove per far comunicare docenti e ragazzi, per raccontare storie ai più piccoli, per spiegare nuovi argomenti, per favorire lo studio e le attività dei ragazzi più grandi. Con uno sforzo incredibile dirigenti e insegnanti hanno cercato gli strumenti per superare la distanza che si era creata sapendo che non sarebbe stato possibile riprodurre la situazione didattica precedente. Gli istituti che utilizzavano già ambienti di apprendimento digitali si sono trovati avvantaggiati. Molti hanno utilizzato le possibilità offerte dal registro elettronico. Altri hanno impiegato tante energie e tanto tempo per familiarizzare con svariate applicazioni che funzionano in sincrono o in asincrono, per scegliere quelle più adatte alla spiegazione di contenuti, alle videolezioni, alla collaborazione.

Il digitale non riesce a colmare tutte le distanze, ma aiuta a fare scuola e questa faticosa esperienza ci sta insegnando molte cose. Abbiamo capito che non si può fare a meno di un’alleanza vera tra scuola e famiglie; che i ragazzi svantaggiati vanno cercati e seguiti assiduamente altrimenti rischiamo di perderli; che la comunicazione affettiva ha un posto fondamentale nella dinamica di insegnamento– apprendimento; che ogni casa è un laboratorio ben fornito nel quale si possono imparare molte cose attraverso la creatività e la manualità; che le competenze digitali non vanno confuse con lo “smanettare” con attrezzature tecnologiche e che i cosiddetti nativi digitali, così come i loro insegnanti e genitori, debbono lavorare sodo per costruirsi queste competenze. Abbiamo capito che un eccesso di compiti e di schede da compilare non favorisce il gusto di apprendere e che una valutazione fatta solo di voti e misurazioni non è poi così affidabile.

Non sappiamo come, quando, in quanti potremo tornare in aula, ma quando succederà avremo degli strumenti in più per fare scuola in modo più partecipato, aperto e flessibile e dovremo far tesoro di ciò che avremo imparato su noi stessi e sul mondo.

* dirigente scolastica distaccata presso il Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria di Macerata come tutor organizzatrice del tirocinio

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