di Santa Cioci

Ho in mano un’opera di grande valore, che ha già avuto motivati e lusinghieri apprezzamenti. Si tratta di De praecipitata luce, di Matteo Bonvecchi, Fara editore. Non sono né critica d’arte, né critica letteraria. Proverò, soltanto, a esprimere pensieri sulla funzione della poesia in questo momento storico e a registrare alcune immagini e concetti che hanno parlato al mio cuore. L’opera, vincitrice al Narrapoetando 2021, è un’antologia di poesie colte, che hanno un afflato religioso, sono intrise di cultura classica e artistica di notevole spessore.

L’amore alla terra marchigiana proietta l’autore verso il futuro e propone valori universali ai quali aprirsi: quelli stessi da cui il poeta-scrittore è il primo “folgorato”. Le liriche evocano espressioni del Cantico dei cantici, dell’Apocalisse, dei Salmi. La raccolta si articola in sezioni, la prima delle quali dà il titolo all’intera opera. Scrivere poesie oggi è una scelta di speranza, ma soprattutto di fraternità, perché aiuta il lettore a conoscere la gamma della propria umanità, nelle manifestazioni e nelle reazioni. In questo tempo disorientato, in cui le persone con nostalgia cercano di recuperare i ritmi frenetici della vita, fermata e frenata dalla pandemia, la poesia è un richiamo delicato ma autorevole, un messaggio forte. È la proposta di interiorità, di silenzio, di sosta, per riconoscere e gustare la bellezza e il valore di ogni forma di vita.

È anche apertura al mistero, consolazione, compagnia, condivisione, invito alla contemplazione.L’etimologia della parola “poesia “, dal verbo greco poieo, rende il termine uno scrigno di significati: da sinonimo di creatività, ad azione che plasma di bellezza i pensieri e le parole. È uno spaccato di sentimenti profondi liberamente partecipati e offerti, perché aiutino a decodificare l’essenza e le sfumature della gioia, del dolore, della pace, della delusione, della rabbia, della solitudine… situazioni, che spesso, da soli non riusciamo a riconoscere, né a raccontare.

Trovo molto belle e profonde, alcune affermazioni: l’uomo vive della gloria di Dio e non di immagini umane. La vita è aperta a chi fa più fatica; l’indifeso ha più diritto del potente; il cammino del viandante è illuminato dalla luna, che lo precede. Nella prima parte, Matteo Bonvecchi poeta si identifica con il pittore Carlo Crivelli e canta la sua ammirazione e la sua gratitudine, per l’immensità dell’amore di Dio per ogni uomo. È lontana, ma nitida, l’eco del Preconio della Veglia pasquale: «Felice colpa che meritò di avere un così grande Redentore»! Le grandi domande sulla vita, che affiorano in tutti i tempi, trovano una risposta di estrema attualità per il lettore: per vivere, occorre morire ogni giorno, aprirsi e uscire al richiamo del nuovo, il nuovo che attende. Le liriche, intrise di fede e di cultura, mettono in luce l’animo dell’autore, che è delicato, sensibile, attento alle persone, attratto dalla natura, capace di gioire delle piccole cose.

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